Caso Cospito: facciamo chiarezza

Caso Cospito: facciamo chiarezza

Parliamo ancora del caso di Alfredo Cospito, al centro dell'attenzione mediatica in questi giorni, per fare alcune precisazioni.

Il fatto è che se a fare lo sciopero della fame fosse ad esempio un terrorista di destra, senza dubbio non si sarebbe creato tutto questo clamore. Due pesi e due misure? Vi sono terroristi più simpatici e più “uguali” di altri?

E allora mettiamo in chiaro alcuni punti.

  1. Alfredo Cospito, membro della Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale, è stato condannato a 10 anni e 8 mesi per aver gambizzato Roberto Adinolfi (dirigente di Ansaldo) e a 20 anni per altri motivi, tutte condanne divenute definitive: quindi non è un prigioniero politico, né un martire, né un innocente.
  2. Cospito si trova in regime di carcere duro (previsto dal celebre articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario) non per un capriccio, ma perché secondo le autorità dalla prigione avrebbe ispirato e in alcuni casi richiesto azioni dimostrative e terroristiche alla rete anarchica che a lui fa riferimento. L’applicazione del 41 bis è stata fatta secondo le norme, tanto che si è in attesa di una pronuncia della Cassazione alla quale gli avvocati del detenuto hanno fatto regolarmente ricorso.
  3. Pertanto, lo sciopero della fame di Cospito, pur legittimo, non è affatto necessario. E ad ogni modo il governo non è certo obbligato a cedere a quello che è un vero e proprio ricatto. Quindi non sarebbe responsabile dell’eventuale decesso del detenuto.
  4. Attualmente Cospito è trattato con tutti i riguardi previsti dalla legge: nessun suo diritto è stato violato. Del resto, il trasferimento dal carcere di Bancali (Sassari) a quello di Opera (Milano) è la dimostrazione che lo Stato si sta prendendo cura di lui.
  5. Fermo restando che non sta a noi prendere decisioni in merito, sta di fatto che cedere al ricatto di Cospito, soprattutto prima della sentenza della Cassazione, potrebbe creare un precedente per mafiosi e terroristi. Un precedente molto pericoloso.

In definitiva: non ci può essere perdono senza giustizia!

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