Che fine ha fatto il Carnevale?

Che fine ha fatto il Carnevale?

Oggi è Martedì Grasso, l’ultimo giorno di Carnevale. Già, Carnevale… c’è ancora qualcuno che si ricorda di questa tradizione?

C'è da chiederselo, perché, sebbene continuino a celebrarsi i Carnevali storici come quello di Venezia, Viareggio e di altre città italiane, a quanto pare soprattutto le nuove generazioni non sanno più di cosa si tratti.

Purtroppo, specie tra i giovani, è molto più popolare Halloween, che non ha nulla a che vedere con le nostre tradizioni italiane, la nostra storia e la nostra cultura.

Ed è un vero peccato.

Ma in fondo la ragione di questo oblio e di questo cambiamento è chiara.

Quando l’Italia era ancora un Paese cattolico, il Carnevale aveva un senso. E lo aveva perché poi arrivava sul serio e per tutti la Quaresima, che era un tempo di vera penitenza.

Oggi, invece, non c’è più Quaresima e quindi non c’è più nemmeno il Carnevale. O, meglio, in fondo è Carnevale tutto l’anno, che equivale a dire che non è mai Carnevale.

Intendiamoci, per i cattolici la Quaresima esiste ancora, ma ha evidentemente perso il suo carattere austero. La stessa Chiesa ha ammorbidito di molto la sua disciplina. Al di là dei giudizi personali, questo è un fatto.

Ecco perché ci siamo dimenticati del Carnevale. In fondo, è un altro pezzo di civiltà cristiana venuto meno e che andrebbe senza dubbio recuperato.

Ma per farlo, come si diceva, occorre prima di tutto tornare ad essere cattolici.

Raccontavano i nostri nonni che alla mezzanotte del Martedì Grasso si smetteva di ballare e si tornava a casa, perché si era già entrati nel Mercoledì delle Ceneri.

Si aveva il senso del limite e si rispettavano i vari tempi dell’anno, come insegna la Bibbia. “Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo” dice il libro del Qoèlet. “Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare” (Qo 3, 1.4).

Oggi tutto questo viene ignorato e non ci si pone più nemmeno il problema.

Certo, il Carnevale di un tempo - pur non raggiungendo mai gli eccessi a cui siamo abituati nel XXI secolo - era anche causa di immoralità e qualche volta persino di crimini. E chiaramente non è questo che rimpiangiamo.

D’altronde, proprio a causa dei peccati che si commettevano in quelle settimane, la Chiesa organizzava le Quarantore, ovvero l’adorazione del Santissimo Sacramento per 40 ore di fila nei due-tre giorni che precedevano la Quaresima.

E per comprendere meglio il clima di quelle epoche passate, è davvero interessante leggere quanto ad esempio accadeva a Roma all’epoca del Papa Re.

Nel descrivere il celebre Carnevale romano di metà Ottocento (ormai del tutto dimenticato), il giornalista Silvio Negro metteva in rilievo un fatto particolare, tipicamente cattolico.

Mentre per il Corso e in altre vie si festeggia rumorosamente, si gioca, si canta e si balla, “sulla piazza del Pantheon e nell’interno del Colosseo altra gente si raduna, non intorno a maschere in vena di facezie, ma ai piedi di un palco dal quale un predicatore tuona contro l’inganno dei piaceri e le vanità della vita, e la presenza di quei cappuccini barbuti che chiamano a penitenza mentre il carnevale folleggia per le strade è certamente uno dei più curiosi e contraddittori aspetti di quell’ultima Roma ecclesiastica”.

Insomma, per recuperare al meglio le tradizioni carnevalesche dovremmo prima tornare ad essere cattolici. E dobbiamo lavorare per questo.

Attribuzione immagine: Di Massimo Telò - Opera propria, CC BY-SA 3.0, Wikimedia


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