Elly Schlein e la destra italiana

Elly Schlein e la destra italiana

A Milano è apparso un murale: da una sepoltura sormontata da una lapide con sopra l’epitaffio “Sinistra Italiana”, erompe un pugno minaccioso smaltato di rosso. L’autore, lo street artist TvBoy, ne spiega il senso: “La sinistra è risuscitata!”.

Un nuovo Pd?

L’ “opera” si riferiva ovviamente all’elezione di Elly Schlein come Segretario del Partito democratico, fatto qualificato da Aldo Cazzullo come “un cataclisma nella sinistra italiana”[1]. Infatti, l’elezione a sorpresa (ma mica tanto, come vedremo) della giovane outsider di origini svizzere, segna un punto d’inflessione nella storia della sinistra italiana e, di conseguenza, di tutta la politica italiana.

Il vecchio Pd ne esce sconfitto. Il “comunista emiliano” Stefano Bonaccini, candidato della nomenklatura del Partito, ha dovuto arrendersi. Mentre il voto dei circoli gli aveva consegnato un’ampia maggioranza, quello del popolo della strada ha ribaltato clamorosamente la situazione, a riprova che a sinistra ribolliva una profonda ansia di cambiamento, che la Schlein ha saputo intercettare.

Alcuni opinionisti hanno affermato che con la Schlein nasce un nuovo partito. Non più il Pd delle coop, dell’asse tosco-emiliano, degli artigiani rossi e delle feste partigiane, ma un Pd attento alla piazza, ai movimenti contestatari, dalle “Sardine” agli “antifa”, un Pd che si butta nella lotta per i cosiddetti “diritti civili”: aborto, omosessualità, eutanasia, droga libera e via discorrendo. Insomma, un Pd aperto alle nuove forme di rivoluzione, dalla “cancel culture” al “woke”, un Pd non più fondato sul vecchio proletariato bensì su quello che si usa chiamare “neo-proletariato”: femministe, anarchici, movimento lgbt, gruppi contro-cultura, minoranze etniche e via dicendo.

La Schlein non fa un segreto della sua omosessualità: “Sono una donna, amo una donna e non sono una madre”. Con lei salirà al potere una nuova sinistra. Per esempio, si paventa come suo possibile segretario il nome di Alessandro Zan, anche lui apertamente omosessuale, militante lgbt e autore del famigerato ddl Zan contro la “omobitransfobia”.

Sbocco di un processo storico

A nostro parere, quello che è uscito dalle urne non è tanto un “nuovo” Pd, quanto lo sbocco naturale di un processo storico che doveva per forza passare alla fase successiva.

Spiegavo in un recente articolo[2] che il comunismo è una tappa della Rivoluzione, cioè di quel processo di decadenza che, dalla caduta del Medioevo, sta spingendo il mondo in una direzione contraria alla civiltà cristiana. Due nozioni esprimono il suo spirito: uguaglianza assoluta, libertà completa. Entrambe le nozioni sembrano contraddittorie e, in effetti, lo sono da alcuni punti di vista, ma si riconciliano nell’utopia rivoluzionaria di un paradiso anarchico.

A un certo punto la Rivoluzione ha dovuto sacrificare la libertà per imporre l’uguaglianza. E qui abbiamo l’Unione Sovietica e il suo massiccio Stato repressivo. Tuttavia, secondo gli stessi teorici comunisti, il processo dialettico storico continua, avanzando inesorabilmente verso l’utopia finale di una società allo stesso tempo totalmente libera e perfettamente uguale.

Per tutto il XX secolo, il passaggio dal socialismo di Stato all’utopia libertaria è stato uno dei principali argomenti di discussione tra gli intellettuali di sinistra. Furono fatti diversi tentativi per attuare tale passaggio: Gramscismo, Scuola di Francoforte, Freudo-marxismo, Umanesimo marxista, Rivoluzione culturale, Socialismo autogestionario e via dicendo.

Questi tentativi influenzarono l’evoluzione del comunismo italiano. Nel 1991, il Partito comunista italiano (Pci) si trasformò nel Partito democratico della sinistra (Pds), divenuto a sua volta Democratici di sinistra (Ds) nel 1998 e finalmente, nel 2007, il Partito democratico (Pd). Tuttavia, la puzza sovietica non riuscì mai a scomparire. “Non dimentichiamo le nostre radici, anche se cambiamo il nome”, ammoniva Giorgio Napolitano nel 1989[3].

Con la Schlein, il comunismo italiano completa la sua evoluzione. Per usare le note categorie di Plinio Corrêa de Oliveira, si porta a compimento il passaggio dalla terza Rivoluzione (comunismo) alla quarta, cioè quella culturale libertaria[4].

Per un “nuovo socialismo”

Coincidenza o meno, questo “cataclisma nella sinistra italiana” accade in concomitanza con l’uscita di un libro di Carlo De Benedetti che analizza la situazione generale in Italia propondo alcune soluzioni. Col titolo «Radicalità. Il cambiamento che serve all’Italia», il noto imprenditore torinese spiega che la vecchia politica e i vecchi schemi hanno esaurito il loro potenziale, è l’ora di lanciare un “nuovo socialismo” che riparta dall’ecologia e dalla lotta alle disuguaglianze in ogni campo, compreso quello morale.

“Questo è il momento della tempesta”, sentenzia l’autore, criticando aspramente il Pd: “un partito irriformabile, dilaniato, avvitato nei propri psicodrammi interni”. Secondo De Benedetti, il capitalismo è fallito, e il neoliberalismo riesce solo ad acuire i problemi. L’unica soluzione sarebbe la “radicalità”: una rivoluzione dalle radici, un “nuovo socialismo” che affronti i due grandi temi della modernità: “le disuguaglianze e il disastro ambientale”.

Sembra che la vittoria della Schlein alle primarie del Partito democratico sia stata proprio la “tempesta” tanto auspicata da De Benedetti.

E la destra?

La vittoria di Elly Schlein pone una sfida a tutto campo. Tanto per cominciare, mette in difficoltà la cosiddetta sinistra “cattolica”, fino ad oggi comodamente annidata all’interno del Pd.

Il comunismo ha sempre potuto contare su compagni di viaggio fidati fra i cattolici, dai “catto-comunisti” degli anni Quaranta (Adriano Ossicini, Franco Rodano e compagnia bella), fino ai “cattolici adulti” di Romano Prodi. Che cosa faranno adesso questi cattolici se il Partito si butterà nella lotta per l’omosessualità, il trangenderismo e altre empietà palesemente contrarie alla dottrina cattolica?

La vittoria della Schlein mette in difficoltà anche i moderati. “Nel Pd non c’è più spazio per i moderati. È una vera rivoluzione”, opina la renziana Maria Elena Boschi[5]. Accetteranno i moderati questa brusca piega del Pd verso una sinistra radicale, o andranno invece a rimpolpare le fiaccate fila del Terzo polo?

La mia principale preoccupazione, però, è la ripercussione della vittoria della Schlein sulla destra.

Può sembrare paradossale, ma ritengo che l’exploit di Elly Schlein apra soprattutto uno spazio alla destra, quella vera, quella dei valori – morali e tradizionali – quella che si presenta non tanto come un’alternativa politica alla sinistra, quanto piuttosto come un’alternativa culturale e ideale, insomma quella che si presenta come una Contro-Rivoluzione.

Una volta che la sinistra si è in tal modo smascherata, come reagirà il centro-destra ora al potere con Giorgia Meloni?

Gli strateghi del centro-destra hanno davanti a sé una scelta che condizionerà la storia del nostro Paese per molti anni. Sapranno andare oltre le bagatelle della micro politica e capire che, nelle ultime elezioni politiche, gli italiani hanno affidato al centro-destra non solo il compito di governare ma, più profondamente, la missione storica di mettere un freno alla Rivoluzione? Sapranno implementare un programma di governo che davvero traduca in atti gli aneliti della crescente fascia reattiva dell’opinione pubblica?

Sapranno, per esempio, difendere i valori morali, fondati sulla legge naturale e sul Magistero della Chiesa? Sapranno proteggere la nostra identità cristiana ed europea? Sapranno difendere la famiglia e la vita umana innocente? Sapranno difendere i nostri bambini e ragazzi dalla propaganda lgbt nelle scuole? Sapranno, insomma, stilare una vera reazione alla Rivoluzione culturale, per parlare solo di quest’ultima?

In ogni caso, per la politica italiana si apre una nuova era.

Note

[1] Aldo Cazzullo, “Una vittoria-esperimento, segno dei tempi anti-establishment”, Corriere della Sera, 28 febbraio, p. 7.

[2] Comunismo cubano e “diritti” lgbt, le questioni profonde, https://www.atfp.it/notizie/307-attualita/2447-comunismo-cubano-e-diritti-lgbt-le-questioni-profonde

[3] Cit. in Alessio Marchetti, “Evoluzione politica italiana dal PCI al PD”, https://www.homolaicus.com/politica/fonti/pc-pd.pdf

[4] Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Luci sull’Est, Roma 1998.

[5] Maria Teresa Meli, “Nel Pd non c’è spazio per i moderati”, Corriere della Sera 28 febbraio 2023, p. 8.

Fonte: atfp.it

Attribuzione immagine: di Francesco Pierantoni - Bologna Pride 2015, CC BY 2.0, Wikimedia

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