Il dramma delle donne cristiane: 182 milioni vittime di persecuzioni!
La violenza contro le donne cristiane non è solo un atto criminale, ma una strategia calcolata per infliggere sofferenza e destabilizzare intere comunità di fede.
In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il rapporto di Porte Aperte/Open Doors lancia un grido d’allarme sui milioni di donne cristiane vittime di persecuzioni mirate, evidenziando come la loro fede le renda bersagli particolarmente vulnerabili.
Le storie come quella di Sara, una giovane irachena convertita al cristianesimo e perseguitata dalla sua stessa famiglia, danno voce a una realtà che rimane spesso sepolta nel silenzio mediatico.
Sara, che aveva trovato nella fede cristiana una nuova speranza, si è ritrovata intrappolata nella furia del padre musulmano.
Rinchiusa senza cibo per dieci giorni, ha subito una violenza psicologica devastante: «Avrei preferito che fossi scappata con un uomo», le gridava il padre, incapace di accettare la sua scelta religiosa.
Costretta alla fuga, Sara ha trovato rifugio in una comunità cristiana, ma la sua vita rimane segnata da questa duplice vulnerabilità: essere donna e cristiana in un contesto ostile.
Una crisi globale invisibile
Secondo il rapporto "Insicurezza", oltre 365 milioni di cristiani affrontano ogni giorno livelli elevati di persecuzione e discriminazione per la loro fede. Di questi, circa la metà, ossia 182,5 milioni, sono donne.
Questi numeri rivelano una realtà drammatica: nei primi 50 Paesi della World Watch List 2024, il matrimonio forzato è stato segnalato nell’84% dei casi, la violenza sessuale nell’82%, mentre la violenza fisica colpisce il 72% delle donne perseguitate.
Le cifre, già di per sé sconvolgenti, assumono un significato ancora più grave nei 21 Paesi più insicuri del mondo, dove la violenza sessuale contro le donne e quella fisica contro gli uomini superano ogni media globale.
Questo accade non solo nei contesti di conflitto aperto, ma anche in ambienti familiari e comunitari, dove le donne cristiane subiscono oppressioni quotidiane che rimangono invisibili al mondo.
Le donne come bersaglio
L’ultimo rapporto annuale di Porte Aperte/Open Doors rivela come le donne cristiane siano intrappolate in una rete opprimente che le perseguita in ogni aspetto della loro vita.
La violenza sessuale, in particolare, non è solo un atto di brutalità individuale, ma una arma deliberata di guerra, utilizzata per punire, umiliare e frammentare intere comunità sotto attacco. Questa forma di violenza è radicata in un meccanismo di controllo che trova nel matrimonio forzato il suo apice.
Il contesto familiare, che dovrebbe essere un rifugio, si trasforma spesso in una prigione. Le donne vengono vessate proprio dalle persone che dovrebbero proteggerle.
E non si tratta solo di violenze fisiche: la persecuzione assume forme subdole, come il controllo psicologico e la costante minaccia di disonore.
Come possiamo restare in silenzio di fronte a tutto questo? Tacere significa rendersi complici di questi abusi e violenze!
La protesta deve alzarsi forte e chiara. Ma, per farlo, occorre prima di tutto che la gente sappia. Ecco perché intendiamo lanciare una vasta campagna di informazione tramite Facebook.
Ci piacerebbe raggiungere i 28 milioni di iscritti in Italia a questo social, però questo ha un costo considerevole, che da soli, purtroppo, non possiamo sostenere. Uniti, invece, tutti insieme possiamo farcela!
Non solo donne: una persecuzione che colpisce tutti
La persecuzione religiosa non risparmia nessuno: uomini, ragazzi e persino bambini sono vittime di abusi fisici e psicologici.
Bambini delle scuole elementari vengono picchiati solo perché cristiani, e nei contesti militari i convertiti al cristianesimo subiscono torture fisiche e mentali.
Le tecnologie moderne, come la geolocalizzazione e le chiamate anonime, sono utilizzate per intimidire, perseguitare e annullare psicologicamente chiunque osi professare la fede cristiana.
Un silenzio assordante
Nonostante la gravità di queste violazioni, il mondo resta in gran parte in silenzio. I media internazionali dedicano poche righe a questa tragedia, mentre la vita di milioni di persone viene distrutta in nome dell’odio religioso.
È come se le sofferenze delle donne cristiane fossero considerate una “questione minore”, ignorate in un mondo troppo spesso concentrato su altre emergenze.
Raccontare queste storie non è solo un dovere morale, ma un atto di giustizia. Le vite di Sara e di milioni di altre donne cristiane meritano di essere portate alla luce.
Non si tratta solo di proteggere una fede o una comunità, ma di difendere la dignità umana contro ogni forma di oppressione.
Per questo, chiediamo il tuo aiuto per amplificare il più possibile la nostra importante campagna di sensibilizzazione. E' urgente informare tutti!
Il silenzio è complicità: rompere questo silenzio è il primo passo per cambiare le cose!