Immigrazione: spunti per un dibattito

Immigrazione: spunti per un dibattito

L’immane tragedia di Cutro, sulle coste calabresi, ha riportato in primo piano un problema mai veramente spento: l’immigrazione, ormai fuori controllo con un aumento del 300% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Inevitabili le ricadute mediatiche e politiche, col solito scambio di accuse fra i vari schieramenti ideologici. Dire che si tratta di una questione complessa è affermare l’ovvio. Credo, comunque, che qualche spunto di analisi possa aiutare a far luce.

Proprietà privata. Lo Stato è costituito da un popolo indipendente che esercita pieno dominio su un territorio. La sovranità è, dunque, il corrispettivo della proprietà nel diritto pubblico. Così come un individuo ha pieno diritto sulla sua proprietà personale, un popolo ha pieno diritto sul suo territorio. Negare questo diritto è negare la proprietà privata, fondata sulla legge naturale e divina (7° e 10° comandamenti). La negazione della proprietà privata costituisce l’essenza stessa del comunismo[1]. Contro questa concezione comunista di territorio, l’Italia ha pieno diritto di difendere i suoi confini.

Disuguaglianze. Ammessa l’idea di popolo, con caratteristiche che lo differenziano dagli altri, e l’idea di sovranità, ci troviamo necessariamente di fronte a delle disuguaglianze: di capacità, di virtù, di numero, ecc. Ammessa l’idea di territorialità, abbiamo la disuguaglianza quantitativa e qualitativa delle diverse zone territoriali, cioè dei Paesi. Queste disuguaglianze sono un riflesso delle gerarchie che Dio ha istituito in tutto l’universo per meglio riflettere la Sua gloria, secondo quanto spiega S. Tommaso[2]. Si capisce, perciò, come la sinistra, fondamentalmente ugualitaria, sogni di fondere tutte le razze, tutti i popoli e tutti gli Stati, in una sola razza, in un solo popolo e in un solo Stato: la Repubblica Universale. Contro questa concezione rivoluzionaria, l’Italia ha pieno diritto a difendere la propria identità europea e cristiana.

Diritto alla migrazione. Esiste un diritto a migrare? Certamente! Fa parte della libertà di movimento o di circolazione inerente a ogni persona umana. Esiste, di conseguenza, il corrispettivo dovere di accogliere chiunque voglia emigrare? La risposta è NO. Senza entrare in un’analisi approfondita, ricordiamo la differenza tra diritti primari e secondari, questi ultimi soggetti a condizionamenti dettati dalle circostanze. Per esempio, io ho il diritto a sposarmi. Ciò non vuol dire che, dall’altra parte, ci sia una persona col dovere di sposarmi. Sul diritto di proprietà, per esempio, grava la cosiddetta funzione sociale. È curioso che la sinistra, che si riempie la bocca di discorsi sulla funzione sociale della proprietà, non parli mai della funzione sociale dell’immigrazione. Come non parla mai dei doveri dei migranti, ma solo dei loro diritti.

Secondo la dottrina cattolica, magistralmente spiegata da S. Tommaso, chi vuole stabilirsi in un paese deve, come prima condizione per essere accettato, mostrare il desiderio di integrarsi perfettamente nella vita e nella cultura della nazione ospitante. Una seconda condizione è che l’accoglienza non sia immediata. L’integrazione è un processo che richiede tempo. Le persone devono adattarsi alla nuova cultura. Già Aristotele diceva che tale processo può richiedere due o tre generazioni.

L’insegnamento di S. Tommaso, fondato sul senso comune, è perfettamente logico. L’Angelico evidenzia che vivere in un’altra nazione è cosa molto complessa. Ci vuole tempo per conoscere gli usi e la mentalità del paese e, quindi, per capire i suoi problemi. Solo quelli che vi abitano da molto tempo, facendo ormai parte della cultura del paese, a stretto contatto con la sua storia, sono in grado di giudicare meglio le decisioni a lungo termine che convengano al bene comune. È dannoso e ingiusto mettere il futuro del paese nelle mani di chi è appena arrivato. Anche senza colpa, costui spesso non è in grado di capire fino in fondo cosa stia succedendo, o cosa sia successo, nel paese che ha scelto come nuova patria. E questo può avere conseguenze nefaste.

Contro quelli che promuovono l’immigrazione incontrollata, dunque, l’Italia ha pieno diritto di rivendicare la sua libertà di imporre delle regole.

Multiculturalismo. La sinistra promuove l’immigrazione incontrollata anche per un motivo prettamente ideologico: il cosiddetto multiculturalismo, quale strumento per distruggere la civiltà cristiana europea, sostituendola con un amalgama ecumenico e postmoderno. Come più volte insegnato da Benedetto XVI e, prima di lui, da Giovanni Paolo II, nonostante la terribile crisi che la sta sfigurando, l’Europa è ancora figlia della Civiltà cristiana, frutto della classicità greco-romana irrigata e illuminata dal Vangelo. Una confluenza che, nelle parole di Leone XIII, “recò frutti che più preziosi non si potrebbe pensare, dei quali dura e durerà la memoria, affidata ad innumerevoli monumenti storici, che niuno artifizio di nemici potrà falsare od oscurare”[3].

Per la sinistra, però, l’idea stessa di Civiltà cristiana è anatema, e cerca di minarla all’insegna della “diversità”, introducendo nuove forme di “famiglia”, nuove forme di “identità di genere”, nuove forme di spiritualità e via dicendo. Cerca di minarla anche attraverso la massiccia immigrazione di popoli con religioni e culture non solo molto diverse ma incompatibili con la nostra Fede e la nostra Tradizione. Un’immigrazione che non dà nessuna mostra di voler integrarsi. Anche perché, nella maggior parte dei casi, l’integrazione implicherebbe la conversione.

Di fronte di tale tentativo di distruzione, l’Italia ha pieno diritto di difendere le sue radici cristiane.

Fonte: atfp.it

Attribuzione immagine: By Irish Defence Forces from Ireland - LE Eithne Operations 28 June 2015, CC BY 2.0, Wikimedia

Note

[1] “I comunisti possono riassumere la loro teoria nella frase: abolizione della proprietà privata” (Il Manifesto del Partito Comunista, II).

[2] Summa contra gentiles, II, 45; Summa theologiae, I, q. 50, a. 4; q. 96, a. 3 e 4.

[3] Leone XIII, Enciclica Immortale Dei, dell’1-11-1885, in ASS, vol. XVIII, p. 169.

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