L'importanza di difendere Abele

L'importanza di difendere Abele

C'è un tweet interessante su cui riflettere.

Lo ha scritto l’altro ieri Rita Dalla Chiesa in riferimento al caso Alfredo Cospito, l’anarchico che sta conducendo da oltre cento giorni lo sciopero della fame contro il carcere duro, cui è stato condannato ai sensi dell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario.

Per intenderci, si tratta dello stesso regime generalmente previsto per i mafiosi.

E che ha detto la deputata di Forza Italia?

Chi sta al 41 bis può avere un colloquio una volta al mese con un familiare. Chi, invece, è figlio, moglie, fratello o madre di chi è stato ucciso da quell’ ‘ospite’ del 41bis, se vuole parlare con il proprio caro deve andare a trovarlo al cimitero”.

Al di là di ogni polemica e strumentalizzazione, non si può non condividere questo pensiero.

Certo, i diritti umani vanno rispettati sempre e comunque (e Cospito in questo senso è pienamente garantito).

Ma niente buonismi! Giustizia vuole che chi ha sbagliato (e di grosso!) paghi. Punto.

E se tutti i mafiosi iniziassero uno sciopero della fame per veder mitigato il loro regime carcerario, le istituzioni che dovrebbero fare?

Sappiamo già molto bene che lo Stato spesso è forte coi deboli e debole coi forti. Ora direi che deve mantenersi fermo e non cedere ad alcun ricatto.

Lo deve alle vittime delle stragi. Lo deve ai parenti e agli amici di quelle vittime. Lo deve a tutti noi onesti cittadini.

Caino è già abbastanza protetto e garantito dalle leggi. E quindi è il caso di tutelare di più e meglio i tanti, troppi Abele.

Immagine: Caino uccide Abele (ca. 1550-1553), Tintoretto - Gallerie dell’Accademia, Venezia
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