L'intelligenza artificiale non può sostituire Gesù!
È una realtà inquietante quella che ci troviamo davanti nella chiesa di San Pietro a Lucerna, dove un ologramma “intelligente” di Gesù accoglie fedeli nel confessionale. No, non è un episodio di fantascienza. È un fatto.
E dietro l’apparente ironia del nome del progetto, “Deus in machina”, si cela una visione pericolosa e disarmante: la riduzione della sacralità a un esperimento tecnologico.
Siamo di fronte a una deriva che svilisce ciò che è più sacro nella fede cristiana. Gesù Cristo non è un algoritmo. Non è una somma di dati raccolti da Internet, e certamente non può essere confinato in una macchina che simula la compassione e l’amore del Salvatore.
Cristo non è un surrogato. Cristo è vivo, vero, incarnato. Ha sofferto, ha amato, ha vissuto e ha dato la sua vita per l’umanità. Come può un software replicare tutto questo? È assurdo anche solo pensarlo.
Ci viene detto che l’obiettivo è riflettere “sui confini della tecnologia nel contesto della religione”. Ma qui non si parla di riflettere, si parla di sostituire.
“Un Gesù disponibile 24 ore su 24, tutti i giorni”: questa è la prospettiva che si paventa. Come se l’amore di Dio, che vive nella relazione umana e nella profondità del cuore, potesse essere rimpiazzato da un meccanismo che risponde con frasi preconfezionate.
Eppure, c’è chi si dice “colpito” dalle risposte generiche e rassicuranti dell’ologramma.
Come possiamo accettare che un parrocchiano si senta “confermato nei suoi pensieri” da un’intelligenza artificiale? La fede non è una coccola motivazionale; la fede è sfida, confronto, trasformazione. Dov’è la chiamata alla conversione, all’autenticità, all’abbandono radicale al Vangelo?
Il confessionale non è solo un luogo di dialogo: è un luogo sacro in cui si sperimenta la misericordia di Dio attraverso il ministero del sacerdote. Sì, del sacerdote. Perché è nell’uomo che Dio ha scelto di manifestare la sua grazia. Non in una macchina.
Posizionare questa installazione in un confessionale, anche per motivi “pragmatici”, non è solo una scelta infelice: è una profanazione simbolica di ciò che quel luogo rappresenta.
Lo stesso teologo Marco Schmid ammette che l’IA potrebbe offrire risposte “in contrasto con la Dottrina cattolica”, data la vastità e la varietà dei contenuti religiosi online. E allora, come possiamo tollerare che venga posta in un contesto che richiede verità, purezza e discernimento?
C’è chi già parla di un futuro in cui l’intelligenza artificiale potrebbe diventare cruciale per la pastorale. Non dobbiamo farci ingannare da queste visioni.
La pastorale non è un servizio “smart” da rendere più efficiente. È incontro, comunione, ascolto autentico.
In questa triste realtà, ciò che manca è proprio il cuore del messaggio cristiano: Dio si è fatto uomo. Non macchina, non concetto, non progetto. Uomo.
Un uomo che ha camminato con noi, sofferto con noi, amato come solo Dio sa fare. E nessuna intelligenza artificiale, per quanto avanzata, potrà mai rimpiazzarlo.
La tecnologia ha il suo posto, e può essere usata per fare del bene. Ma non nel confessionale, non al posto di Gesù Cristo, non a scapito della fede viva e incarnata.
Difendiamo il sacro, difendiamo l’essenza della nostra fede, e diciamo un no deciso a queste derive che rischiano di trasformare la Chiesa in un’ombra senz’anima della sua missione!