Natale di sangue in Nigeria
Questa è la prima mail che ti inviamo dopo la pausa natalizia.
Per questo, sebbene siano passati già diversi giorni, non possiamo non parlare della strage di cristiani avvenuta in Nigeria a Natale.
Sì, proprio tra il 24 e il 25 dicembre!
E a morire sono stati in quasi 170.
Alcuni islamisti hanno fatto irruzione in oltre 20 villaggi della regione di Palteau, distruggendo quasi tutto quello che ha trovato.
Molti sono anche gli sfollati, che hanno cercato rifugio nelle chiese, aiutati dalle varie organizzazioni religiose, data l’inerzia del governo nazionale.
Tra i sopravvissuti, infatti, c’è chi ha riferito che le autorità pubbliche hanno lasciato trascorrere ben 12 ore prima di intervenire in soccorso delle vittime del brutale assalto, chiaramente dettato da odio religioso e cristianofobia.
Il fatto è che lo stato di Plateau da anni è teatro di tensioni etniche e religiose, in particolare tra i pastori della popolazione Fulani, in maggioranza musulmani, e gli agricoltori, per lo più cristiani.
In effetti, ad attaccare sono stati proprio i pastori, che hanno invaso le varie comunità e aperto il fuoco sparando in maniera indiscriminata.
Ripetiamo, proprio nei giorni di festa del Natale, così importanti per la fede cristiana.
I cristiani della Nigeria purtroppo vivono da anni in questa situazione di precarietà. In particolare, le popolazioni delle regioni nord-occidentali e centrali del Paese vivono nel terrore degli attacchi di gruppi jihadisti e bande criminali che saccheggiano villaggi e uccidono o rapiscono i loro abitanti.
Eppure, in Occidente si fa silenzio e ci si volta dall’altra parte.
Padre Andrew Dewan, Direttore delle comunicazioni della Diocesi di Pankshin, nel cui territorio si sono verificati gli attacchi, in un
colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha raccontato che le vittime accertate sono «167, ma il numero è destinato ad aumentare, perché ci sono ancora molte persone negli ospedali, con lesioni e ferite di diverso grado».
Quanto all'identità degli aggressori, il sacerdote ha affermato che «i sopravvissuti e i testimoni oculari sono stati categorici nel dire che si tratta chiaramente di miliziani Fulani. Nelle comunità in cui i cristiani vivono fianco a fianco con i Fulani, nessuna persona Fulani è stata colpita e nessuna casa Fulani è stata bruciata; quindi, non c'è dubbio che gli aggressori fossero Fulani».
Quanto alla matrice anticristiana, il sacerdote ha spiegato: «Per coloro che credono che questo conflitto non sia religioso, quest’ultimo attacco dimostra che si tratta chiaramente di un conflitto religioso. Il fatto che abbia avuto luogo a Natale e che i cristiani siano stati deliberatamente presi di mira in una comunità mista, in cui i musulmani non vengono attaccati, manifesta chiaramente le caratteristiche di un conflitto religioso. So che non tutti vorrebbero ammetterlo, ma per me, che sono stato sul campo, ho osservato e scritto al riguardo, vi sono i segni di un conflitto religioso».
La Diocesi di Pankshin sta fronteggiando «un enorme diluvio di sfollati interni. I cristiani dai villaggi si riversano nei centri urbani per cercare riparo, cibo e vestiti, in un momento in cui il clima è molto freddo, paragonabile a quello attuale in Europa. A causa della mancanza di una risposta ufficiale, spesso sono le Chiese a dover rispondere a tali emergenze», ha concluso.