San Benedetto, la rondine sotto il tetto
Il 21 marzo, giorno dell'equinozio di primavera, è tradizionalmente la festa di San Benedetto (ora spostata all'11 luglio, anche se le comunità benedettine continuano a mantenere quella odierna come solennità principale).
E come la primavera segna la rinascita della natura dopo l'inverno, così San Benedetto fece rifiorire e rinascere la civiltà dopo la decadenza e l'oscurità delle invasioni barbariche e del collasso dell'Impero Romano.
Anzi, fece di più. Ricostruì, sulle fondamenta della romanità, l'Europa. E proprio per questo non si può comprendere l'Europa attuale senza riferirsi all'opera del monachesimo benedettino.
La crisi totale in cui oggi versa il nostro continente è frutto dell'oblio, del rinnegamento e della lotta aperta contro il suo dna cristiano.
L'Italia ha il grande onore di annoverare San Benedetto tra i suoi figli. Benedetto è una delle tante "eccellenze" italiane, se ci si passa il termine.
Norcia, Subiaco, Montecassino sono solo alcune delle località segnate dalla presenza santa e benefica del grande abate. Ma tutta l'Italia è costellata di abbazie benedettine: un patrimonio da valorizzare e far conoscere. In quei monasteri sta la nostra identità.
Ebbene, per celebrare San Benedetto, patrono d'Europa, proponiamo qui di seguito alcune citazioni di documenti papali degli ultimi decenni. Il tema è vastissimo, ma in questa sede ci limitiamo a riportare le riflessioni che si riferiscono al ruolo fondamentale svolto da San Benedetto di Norcia nella costruzione della civiltà cristiana europea.
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-Pio XII (enciclica Fulgens radiatur, 21 marzo 1947)
Tutti coloro che studiano e giudicano gli avvenimenti umani con retto giudizio e non guidati da preconcetti, ma sui documenti della storia., devono riconoscere quanto grande sia stata l'efficacia e la forza esercitata dall'ordine benedettino in quella antica età, quanti e quanto grandi benefici siano derivati ai secoli che seguirono. Infatti i monaci benedettini oltre ad essere stati, come dicemmo, quasi gli unici in quell'oscuro periodo di storia, nell'ignoranza estrema degli uomini e nella rovina generale della società, a custodire intatti i codici delle scienze e delle lettere, a trascriverli con ogni diligenza e a commentarli, essi furono ancora dei primi ad esercitare e con ogni mezzo promuovere le arti, le scienze e l'insegnamento. [...] Si può sicuramente affermare che l'ordine benedettino e i suoi fiorentissimi monasteri furono suscitati dalla sapienza e ispirazione divina precisamente perché, al crollo dell'impero romano e alle invasioni generali di popoli feroci spinti da furore guerresco, la Cristianità potesse non solo riparare le sue perdite, ma anche, con un'operosità continua e instancabile, ricondurre nuovi popoli, mansuefatti dalla verità e dalla carità dell'evangelo, alla concordia fraterna, ad un lavoro redditizio, in una parola, alla virtù, che è regolata dagli insegnamenti del nostro Redentore e alimentata dalla sua grazia. [...] numerose schiere di monaci, le cui armi «non sono carnali, ma potenti in Dio solo» (2 Cor 10, 4), sono inviate dal sommo pontefice, affinché dilatino felicemente il pacifico regno di Gesù Cristo fino agli estremi confini della terra, non con la spada, non con la forza, non con le stragi, ma con la croce e con l'aratro, con la verità e con l'amore.
E dovunque ponevano il loro piede queste inermi schiere, formate di predicatori della dottrina cristiana, di artigiani, di agricoltori e di maestri di scienze umane e divine, ivi stesso le terre boscose e incolte erano solcate dall'aratro; sorgevano le sedi delle arti e delle scienze; gli abitanti dalla loro vita rozza e selvaggia erano educati alla convivenza e alla civiltà sociale, e si faceva brillare davanti a loro l'esempio della dottrina evangelica e la luce della virtù. Innumerevoli apostoli, accesi di soprannaturale carità, percorsero incognite e turbolente regioni d'Europa, le innaffiarono generosamente del loro sudore e del loro sangue, e ai popoli pacificati portarono la luce della cattolica verità e santità. [...] Non solo l'Inghilterra, la Francia, l'Olanda, la Frisia, la Danimarca, la Germania, la Scandinavia e l'Ungheria, ma anche non poche nazioni slaviche si vantano dell'apostolato di questi monaci e li annoverano tra le loro glorie e come gli illustri fondatori della loro civiltà.
-Paolo VI (lettera apostolica Pacis nuntius, 24 ottobre 1964)
Al crollare dell'Impero Romano, ormai esausto, mentre alcune regioni d'Europa sembravano cadere nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l'aurora di una nuova era. Principalmente lui e i suoi figli portarono con la croce, con il libro e con l'aratro il progresso cristiano alle popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall'Irlanda alle pianure della Polonia.
Con la croce, cioè con la legge di Cristo, diede consistenza e sviluppo agli ordinamenti della vita pubblica e privata. [...] Fu così che egli cementò quell'unità spirituale in Europa in forza della quale popoli divisi sul piano linguistico, etnico e culturale avvertirono di costituire l'unico popolo di Dio; unità che, grazie allo sforzo costante di quei monaci che si misero al seguito di sì insigne maestro, divenne la caratteristica distintiva del Medio Evo. [...]
Col libro, poi, ossia con la cultura, lo stesso san Benedetto, da cui tanti monasteri attinsero denominazioni e vigore, salvò con provvidenziale sollecitudine, nel momento in cui il patrimonio umanistico stava disperdendosi, la tradizione classica degli antichi, trasmettendola intatta ai posteri e restaurando il culto del sapere.
Fu con l'aratro, infine, cioè con la coltivazione dei campi e con altre iniziative analoghe, che riuscì a trasformare terre deserte e inselvatichite in campi fertilissimi e in graziosi giardini; e unendo la preghiera al lavoro materiale, secondo il suo famoso motto «ora et labora», nobilitò ed elevò la fatica umana.
-Giovanni Paolo II (lettera apostolica Sanctorum altrix, 11 luglio 1980)
Giova anche ricordare, in questa occasione, che da Paolo VI nostro predecessore, san Benedetto è stato dichiarato patrono d'Europa, la quale è nata dopo la caduta dell'impero romano, da quella faticosa gestazione a cui hanno partecipato anche i monaci, conservandone gli ordinamenti di vita. Questa silenziosa, costante, sapiente opera degli stessi monaci ebbe il merito di conservare e trasmettere il patrimonio della cultura antica ai popoli europei e a tutto il genere umano. [...]
San Benedetto, come «annunciatore di pace» parla particolarmente alle genti d'Europa, intente al salutare progetto di costruire una loro unità. Una convivenza pacifica, da ricercare con tutte le forze, si deve fondare soprattutto sulla giustizia, sulla libertà autentica, sul mutuo consentimento, sul fraterno aiuto - cose tutte che sono conformi agli insegnamenti del Vangelo.
Questo santo protegga e favorisca quindi i popoli di questo continente e l'umanità intera; e con la sua preghiera allontani le gravissime calamità che possono essere portate da armi funestissime e sommamente distruttive.
-Benedetto XVI (udienza generale del 9 aprile 2008)
Di fatto, l’opera del Santo e, in modo particolare, la sua Regola si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, suscitando dopo la caduta dell’unità politica creata dall’Impero Romano una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente. È nata proprio così la realtà che noi chiamiamo “Europa”. [...]
La vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita. Di fatto, quando, il 21 marzo 547, Benedetto concluse la sua vita terrena, lasciò con la sua Regola e con la famiglia benedettina da lui fondata un patrimonio che ha portato nei secoli trascorsi e porta tuttora frutto in tutto il mondo.
[...] La spiritualità di Benedetto non era un’interiorità fuori dalla realtà. Nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, egli viveva sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti. Vedendo Dio capì la realtà dell’uomo e la sua missione. [...]
Oggi l’Europa – uscita appena da un secolo profondamente ferito da due guerre mondiali e dopo il crollo delle grandi ideologie rivelatesi come tragiche utopie – è alla ricerca della propria identità. Per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa.