Torna il terrore islamico
Un professore ammazzato ad Arras, in Francia, quattro giorni fa.
Due morti ieri sera a Bruxelles.
Tutte vittime di fondamentalisti islamici, che hanno ucciso gridando “Allah Akbar”.
Ed altri esagitati, fortunatamente bloccati prima che compissero gesti folli, hanno gridato lo stesso a Torino e Milano, sempre nei giorni scorsi.
L’Europa torna a subire gli attacchi del jihadismo, che sembrava scomparso. E invece no.
Il jihadismo non è mai morto, come dimostra il primo Special Report realizzato dalla Fondazione Med-Or, dal titolo “Il nemico silente: Presenza ed evoluzione della minaccia jihadista nel Mediterraneo allargato”, presentato il 5 ottobre scorso presso l’Università LUISS Guido Carli di Roma.
Il report, curato dal direttore delle Relazioni Istituzionali della Fondazione, Andrea Manciulli, analizza lo stato attuale delle minacce legate al terrorismo e dal radicalismo di matrice jihadista nello spazio geopolitico e geografico del Mediterraneo allargato.
In un’intervista all’Huffington Post, Manciulli spiega che “rischiamo veramente di considerare la minaccia solo quando è troppo tardi. Per questo abbiamo voluto chiamare il rapporto ‘Il nemico silente’: perché un nemico non lo puoi considerare silente, ti devi occupare di lui anche quando non lo vedi e non lo senti”.
Infatti, “la storia del qaedismo ci racconta di fasi estremamente silenziose che invece hanno corrisposto a una forte riorganizzazione. Peraltro, stiamo parlando di un silenzio relativo, perché ci sono state in questi anni operazioni di antiterrorismo importanti, che rivelano che una rete c’è”.
Lo stiamo vedendo in queste ultime ore.
“L’Europa, oltre a quello tradizionale – quello delle cellule e degli attentati – ha di fronte a sé anche un esercito di simpatizzanti che non si possono più contrastare con la sola repressione, ma che hanno bisogno anche di una prevenzione perché sono giovani, che non si sa come e quando riusciranno a diventare pericolosi per l’Occidente”, ricorda Manciulli.
Ovviamente, i tragici fatti di Israele non possono far altro che peggiorare la situazione.
“Storicamente
– dice Manciulli –, il conflitto israeliano-palestinese ha sempre contribuito a incubare movimenti terroristici, del resto la jihad islamica si è dichiarata a fianco di Hamas. Quando c’è tensione tra Israele e Palestina i movimenti ne approfittano per un reclutamento motivato anche da questo e approfittando dei giacimenti d’odio che la vicenda palestinese ha sempre alimentato nel mondo arabo”.
Dal report si evince che in questo periodo storico, l’Africa è di fatto la principale area di incubazione del fenomeno insieme all’Afghanistan. Inutile dire che le massicce ondate di immigrati che da quel continente si riversano sulle nostre coste non promettono certo bene.
“C’è una sottovalutazione della minaccia Africa – dichiara il curatore del report –. E soprattutto non c’è la giusta risposta: non è con quattro spiccioli e un’operazione di propaganda che l’Europa se la può cavare. L’Europa ha bisogno di due cose. Quella fondamentale: ha bisogno di una forte azione di sostegno al rilancio dell’economia sull’altra sponda del Mediterraneo; ma se vogliamo che questa economia si sviluppi, che i soldi che ci mettiamo non finiscano in mani sbagliate, noi dobbiamo difendere questi investimenti anche col massimo sostegno militare e di expertise di polizia e antiterrorismo che l’Europa può garantire, assumendosi delle responsabilità. Senza un’enorme assunzione di responsabilità, le cose non miglioreranno e non si risolverà nulla di quello che dobbiamo risolvere, mettendo sempre di più in crisi anche la democrazia e il consenso dell’Occidente”.
Attenzione quindi.
Quella dei terroristi è una guerra contro noi “infedeli”, contro noi in quanto occidentali. Vogliono sottometterci. Vogliono spaventarci. Vogliono distruggerci.
Ce ne rendiamo conto o no?