Troppe ombre sulla gestione dell’Oms…

Troppe ombre sulla gestione dell’Oms…

Qualcosa, nell’Oms, non funziona. E questo dovrebbe preoccuparci alquanto. Tutti. A partire dai governi dei 194 Stati membri.

Vogliamo farti una domanda: sai chi sia il principale sponsor dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, chiamata a gestire la salute di tutto il mondo?

Fino a qualche tempo fa erano gli Stati Uniti. Ma, già al primo giorno del suo mandato, il presidente Donald Trump ha deciso di ritirare il suo Paese dall’importante sodalizio.

Non si è trattato di una decisione frettolosa ed improvvisata, di un colpo di testa…

L’ha ben spiegata sui social il Segretario alla Salute degli Stati Uniti, Robert F. Kennedy Jr.:

«L’Oms – ha scritto - è impantanata in un’eccessiva burocrazia, paradigmi radicati, conflitti d’interesse e giochi di potere internazionale».

Ed ha concluso, in modo sibillino: «Esorto i ministri della Salute di tutto il mondo e l’Oms a considerare il nostro ritiro dall’Organizzazione come un campanello d’allarme». Chiaro, no?

Ebbene, forse ti stupirà, ma oggi il primo finanziatore dell’Oms è un privato. Si tratta della Fondazione Bill & Melinda Gates. E questo non va bene.

Non va bene in generale: la Sanità mondiale non può essere poste nelle mani di un singolo mecenate, chiunque esso sia, per quanto animato da buona fede e da forti valori.

Non va bene in particolare: il miliardario Bill Gates è un globalista ed un attivista del clima, ben introdotto in Big Pharma, e la sua ex-moglie, Melinda, è una convinta abortista.

Non a caso già nel maggio dell’anno scorso l’Oms ha dichiarato che il “cambiamento climatico” rappresenta «una minaccia imminente per la salute globale».

Ha quindi approvato una risoluzione, affinché siano assunte con urgenza non meglio precisate «misure decisive» a favore della «sostenibilità ambientale».

Un brutto inizio, in ossequio ai desiderata del suo principale “azionista”. Tutto questo non è sfuggito ad esperti e commentatori.

Nel 2020 il prof. Lawrence Gostin, direttore di facoltà presso l’O’Neil Institute della Georgetown University, disse che una cosa simile sarebbe stata «inimmaginabile» agli inizi dell’Oms, nel 1948.

Il 7 aprile di quell’anno, giorno esatto della fondazione, mai ci si sarebbe aspettati di giungere ad assegnare un giorno tanta influenza ad un semplice privato.

Ciò consente - a lui solo! - di definire addirittura l’agenda sanitaria globale, comprese, volendolo, le politiche sulla “salute riproduttiva” cioè l’aborto oppure le restrizioni climatiste...

Tutto questo non ha senso, ma pochissimi ne sono al corrente! È nostro dovere informare, affinché l’opinione pubblica sappia e forte cresca l’indignazione popolare in merito.

Aiutaci a diffondere la notizia! Per farlo, intendo servirmi dei social, che sono il mezzo più veloce e sicuro per raggiungere tanti in poco tempo.

È molto importante, perché le cose poco chiare non finiscono qui. A capo dell’Oms, infatti, c’è un direttore generale.

Per quanto bizzarro possa sembrare, a ricoprire quell’incarico oggi non è un medico. A capo della Sanità mondiale c’è un biologo specializzato in Immunologia delle Malattie Infettive.

Si chiama Tedros Adhanom Ghebreyesus ed ha scelto la carriera politica, è stato anche ministro della Salute in Etiopia, suo Paese d’origine. È un burocrate, insomma…

Non solo. Dopo il primo giugno 2024, i governi dei 194 Paesi membri dell’Oms hanno convenuto alcune modifiche al Regolamento Sanitario Internazionale.

Quegli emendamenti non sono mai stati votati, però. È valsa la tacita accettazione, implicita nel consenso ad essere vincolati dai regolamenti dell’Organizzazione.

Secondo il think tank americano Gatestone Institute, però, quei negoziati si sarebbero svolti in gran parte a porte chiuse ed il testo finale sarebbe stato diffuso con scarso preavviso.

Tra pochi giorni, il 19 luglio, scadrà il termine entro il quale ciascuno degli Stati membri potrà eventualmente recedere da tali modifiche. Ma al momento nessuno ha espresso dissensi o critiche.

Ed il silenzio totale dei media non aiuta a capire quale sia la vera posta in gioco. Di fatto, quelle modifiche conferiscono al direttore generale un potere enorme. Quale?

Quello di decidere quando dichiarare un’emergenza sanitaria pubblica internazionale, reale od anche solo potenziale, e come affrontarla.

Solo l’ex-ministro degli Interni del Regno Unito, Suella Braverman, ha trovato qualcosa di ridire nella singolare procedura descritta:

«Gli emendamenti proposti rappresentano la minaccia più grave alla sovranità nazionale nell’arco di una generazione», ha dichiarato. Perché?

Vi sono «proposte che consentirebbero a funzionari non eletti di dichiarare emergenze di sanità pubblica e far raccomandazioni su lockdown, chiusure delle frontiere e vaccinazioni obbligatorie».

Persino i passaporti vaccinali digitali, per ora facoltativi, potrebbero esser resi un domani obbligatori.

Ma non finisce qui. Oltre al Regolamento, gli Stati membri hanno raggiunto un accordo anche su altri due importanti documenti.

Il primo, stipulato nell’aprile scorso, è la bozza di un trattato pandemico; l’altro, dello scorso 20 maggio, è l’Accordo sulle Pandemie, adottato durante la 78a Assemblea Mondiale della Sanità.

Tale accordo dovrà essere ratificato da almeno 60 dei 194 Paesi membri dell’Oms, per poter entrare in vigore.

Questi documenti conferiscono all’Organizzazione Mondiale della Sanità ampi poteri in caso di future emergenze sanitarie.

Ciò riguarderà eventuali tessere sanitarie universali, obblighi vaccinali, censura mediatica, trasferimenti di tecnologie, costi illimitati,…

Il tutto dovrebbe essere gestito da anonimi funzionari internazionali, burocrati garantiti da una sorta di impunibilità in caso di errori o cattive decisioni.

L’Accordo sulle Pandemie dichiara guerra alle «narrazioni fuorvianti», imponendo di fatto una sorta di bavaglio a qualunque informazione non ufficiale. Come?

Col paragrafo 30 del Global Digital Compact, l’Onu intende «misurare, monitorare e contrastare tutte le forme di violenza e abuso nello spazio digitale».

Intende inoltre invitare i social a «stabilire meccanismi di segnalazione sicuri e accessibili per gli utenti per segnalare potenziali violazioni delle politiche».

La rete è ormai tesa e può essere attivata in qualsiasi momento, imponendo una censura di fatto, se i governi dei Paesi membri dell’Oms non intervengono.

Troppo il potere lasciato nelle mani di un organismo internazionale, oltre tutto non eletto e guidato da una Fondazione privata. Per questo non possiamo starcene buoni e zitti!

Dobbiamo assolutamente informare l’opinione pubblica della prospettiva drammatica, che ci attende nel silenzio generale.

Svegliamo le coscienze! Aiutaci, con la tua migliore offerta, a lanciare in merito una vasta campagna di sensibilizzazione tramite i social.

Non vogliamo ritrovarci con presunte emergenze sanitarie, scatenate ideologicamente e con soldi pubblici, per promuovere aborto e agenda climatista!

Combattiamo tutti insieme e tutti uniti!

 

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