Un ambientalista scomodo
Questa è la storia di Michael Shellenberger, noto giornalista investigativo che per più di trent’anni è stato un vero attivista per il clima e per l’ambiente, tanto da essere stato definito un “guru del clima” e “il principale intellettuale pubblico del Nord America sull’energia pulita”.
Ebbene, a Shellenberger un bel giorno è caduto il velo dagli occhi e si è reso conto che... stava esagerando.
Così, in un suo articolo del 2020, ha pubblicamente chiesto scusa “a nome di tutti gli ambientalisti” per tutte le sciocchezze da lui dette e scritte e che hanno contribuito a creare l’attuale e irrazionale paura per il famigerato “cambiamento climatico”.
Peccato che questo articolo, uscito su Forbes, sia stato censurato!
Non solo. Shellenberger ha poi deciso di pubblicare un libro: Apocalypse Never. Perché l’allarmismo ambientale fa male a tutti noi.
Un libro in cui sfata tutte le bugie degli ambientalisti.
Ad esempio spiega che:
– Le fabbriche e l’agricoltura moderna sono le chiavi per la liberazione dell’uomo e il progresso ambientale;
– Per salvare l’ambiente è bene produrre più cibo, in particolare carne, su meno terra;
– Per ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni di carbonio è bene passare dal legno al carbone, al petrolio, al gas naturale e all’uranio;
– Il 100% di energie rinnovabili richiederebbe l’aumento dei terreni utilizzati per l’energia dallo 0,5% al 50% di oggi;
– Dovremmo volere che le città, le fattorie e le centrali elettriche abbiano densità di potenza più alte, non più basse;
– Il vegetarismo riduce le proprie emissioni di meno del 4%.
E così via.
Afferma inoltre che il cambiamento climatico non è affatto la fine del mondo e non è neppure il problema ambientale più grave che abbiamo.
Dice ad esempio:
-che l’Amazzonia non è il polmone della terra;
-che i disastri naturali non vengono aggravati dal cambiamento climatico;
-che le emissioni di carbonio sono in calo nella maggior parte dei Paesi ricchi sin dalla metà degli anni ’70;
-e che la quantità di terra usata per allevare animali per l’alimentazione è diminuita di un’area grande quasi quanto l’Alaska.
Tutti i miti di Greta Thunberg vengono quindi sfatati.
Shellenberger fa anche notare che oggi produciamo il 25% di cibo in più di quello di cui abbiamo bisogno e che le eccedenze alimentari continueranno ad aumentare man mano che il mondo diventa più caldo.
Del resto, è vero o no che le grandi civiltà sono sorte vicino ai corsi d’acqua di aree geografiche caratterizzate da un clima temperato e piuttosto caldo (Mesopotamia, Egitto, Grecia, Italia, ma anche India, Persia e così via)?
Tutto questo, dice il giornalista, è documentato da molti studi scientifici, compresi quelli condotti o accettati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) e da altri importanti organismi scientifici.
Ma perché Michael Shellenberger ci ha messo tanto a vuotare il sacco?
Lo spiega candidamente lui stesso: inizialmente per imbarazzo, essendo colpevole con gli altri suoi colleghi dell’allarmismo giunto a livelli quasi parossistici. Per anni, infatti, anche lui ha definito il climate change una minaccia esistenziale per la civiltà umana.
Ma soprattutto ha taciuto per paura; paura di perdere amici e finanziamenti nello svelare la menzogna e la disinformazione che aleggia sulle questioni climatiche.
Del resto, i gruppi ambientalisti hanno accettato centinaia di milioni di dollari da potentati economici interessati a far girare l’economia in un senso piuttosto che in un altro.
Basti pensare al colossale movimento di risorse finanziarie messe in moto dalla “transizione ecologica”.
Inoltre, potenti gruppi motivati da convinzioni anti-umaniste hanno costretto la Banca Mondiale a smettere di cercare di porre fine alla povertà e a rendere invece la povertà “sostenibile”, mentre lo stato d’ansia, la depressione e l’ostilità verso la civiltà moderna sono alla base di gran parte dell’allarmismo.
È bene conoscere questi dati e questa realtà. Per non farsi ingannare da tutti coloro che, in Parlamento, così come in chiesa e a scuola, vogliono farci aderire acriticamente all’ideologia verde oggi dominante.