Un viaggio di speranza in Terra Santa

Un viaggio di speranza in Terra Santa

In una regione tormentata da conflitti e tensioni quotidiane, la Terra Santa continua a essere un luogo di profonde contraddizioni. Ogni giorno, le notizie riportano episodi di scontri, attentati e sofferenze indicibili che colpiscono anche la comunità cristiana.

Eppure, proprio in questo scenario drammatico, emergono scintille di speranza che non possono essere ignorate. Tra le macerie e la disperazione, sorgono storie di coraggio, di dialogo, di riconciliazione.

Infatti, pochi giorni fa, abbiamo ricevuto una bellissima testimonianza da Camilla, una delle collaboratrici dell'Associazione Pro Terra Sancta - con cui da anni lavoriamo per andare incontro ai bisogni dei nostri fratelli cristiani -, che ha voluto raccontare l’esperienza significativa del suo primo viaggio in Terra Santa.

Le sue parole, piene di meraviglia e gratitudine, ci offrono una finestra su un mondo dove la speranza resiste e brilla nonostante le difficoltà quotidiane.

Ti riportiamo qui di seguito la preziosa testimonianza che abbiamo ricevuto:


Il mio primo viaggio in Terra Santa è stata un'esperienza ricca di emozioni e sensazioni contrastanti. Visitare questa terra dalla storia unica e complessa mi ha permesso di andare oltre le notizie dei media e le immagini sui social, che spesso mostrano solo estremismi e guerra.

Ho incontrato persone che hanno sogni, ambizioni e desideri. Fanno progetti per il futuro, ma vivono sotto l'ombra costante della guerra.

Ho visto la malinconia e la paura negli occhi del collega Roni, che si deve sposare tra qualche mese, ma non sa se riuscirà a vivere quel giorno tanto atteso, per cui ha lavorato duramente, e cosa ne sarà del futuro suo e della sua sposa.

La paura e l’incertezza che provoca il conflitto sono una costante che traspare anche nei gesti più semplici di quotidianità, che a noi sembrano scontati, ma per queste persone non lo sono. La nostra amica Lina ci ha detto una cosa che mi ha colpito profondamente: “Qui, chi fa piani a lungo termine vive male”. Lina è preoccupata "solo" per compiere un viaggio per il Belgio per visitare la figlia che studia a Bruxelles. Lei deve prendere l’aereo ad Amman, in Giordania (a Tel Aviv sa che sarebbe ancora più difficile). Il volo è alle 9 di sera, ma Lina deve partire alle 7 del mattino perché non sa quanto tempo le occorrerà per superare i controlli presenti lungo il tragitto verso l’aeroporto. Normalmente il viaggio in macchina da Betlemme ad Amman richiederebbe circa due ore, ma per lei, come per molti altri, ogni spostamento è incerto e carico di ansia, e questo, che già accadeva prima, è peggiorato dopo il 7 ottobre.

“Prego per la pace e per le persone di Gaza, che Dio continui a star loro vicino, e prego che chi non c’è più si trovi ora in Paradiso, accanto a Lui". Queste sono le parole di Fawziyya, di Gaza, rimasta bloccata a Betlemme con il figlio di 9 anni. Si erano trasferiti prima dello scoppio della guerra per sottoporre il figlio a delicatissimi interventi chirurgici: "A Gaza non ci sono le strutture adatte a garantire a mio figlio le cure necessarie. Inizialmente siamo andati al Tel Hashomer Hospital di Tel Aviv, dove mio figlio ha subito un'operazione a cuore aperto e gli hanno impiantato una batteria cardiaca per aiutare il suo cuore a sopravvivere".

Dopo un difficile viaggio per arrivare a Gerusalemme per aiutare il figlio malato a sopravvivere, dopo il 7 ottobre ha perso gli altri figli rimasti a Gaza.

“Io non temo per me, ma per mio figlio, per la sua malattia”.

È impressionante che le sue parole non siano state parole di odio, verso Dio o verso qualcuno, dopo tutto quello che ha passato e perduto. Il suo pensiero è andato al medico israeliano che ha operato il figlio e che aveva speso parole di conforto per lei e per il figlio.

Questo episodio, narratomi da una donna di Gaza che ha perso tutta la sua famiglia a causa dei bombardamenti, mi ha fatto riflettere sulla straordinaria forza dell'umanità che può emergere proprio da chi ha vissuto sofferenze indicibili... E mi ha lasciato a bocca aperta la speranza radicata nella sua fede indissolubile.

È stato un viaggio di incontri e condivisioni, ma anche di scoperta di luoghi impregnati di storia e memoria, che si disperdono tra le strette strade della Città Vecchia di Gerusalemme, attraversano le dune del deserto di Gerico e si estendono fino alle dolci colline della Samaria, dove sorge Sebastya, ricca di resti archeologici, tra cui numerosi mosaici delle antiche civiltà che si sono succedute e che il collega Yad, insieme a giovani archeologi, cura con passione e dedizione.

Il mio viaggio si conclude con un episodio sorprendente: presso la Porta dei Leoni di Gerusalemme, una ragazza israeliana in uniforme militare mi ferma e mi consiglia di provare la migliore limonata della città, indicandomi un banchetto gestito da un ragazzo palestinese, occupato a servire una lunga fila di clienti attirati dalle parole della ragazza.

Quando mi chiedo cosa mi spinge a fare il lavoro che faccio è proprio questo: l'umanità che emerge attraverso semplici gesti di gentilezza, capaci di prevalere e andare oltre l’odio.

È l'umanità che si rivela nelle crepe di una società spesso spinta verso l’ostilità e l’intolleranza, ma che non può mai sconfiggere la semplicità di un sorriso, di un canto ortodosso, delle grida gioiose dei bambini, di una stretta di mano, della musica di un violoncello, di un abbraccio, di una mano che opera su un cuore, che ricama un tessuto o che compone un mosaico…


La sua esperienza ci ha mostrato che, nonostante i pericoli e le tensioni, esistono ancora momenti di bellezza e speranza che valgono la pena di essere vissuti e condivisi.

Il racconto di Camilla ci ha ricordato perché il nostro impegno è così importante. Ogni gesto di solidarietà, ogni piccolo aiuto che riusciamo a portare, rappresenta una luce nel buio per i nostri fratelli cristiani.

È per questo motivo che non possiamo permetterci di fermare il nostro sostegno. Grazie al tuo aiuto, ogni obiettivo diventa realizzabile!

Il viaggio di Camilla in Terra Santa non è solo una storia di sfide, ma anche di incontri che cambiano la vita, di luoghi sacri che ispirano e di una fede che, nonostante tutto, rimane salda.

Questa testimonianza ci sprona a continuare il nostro lavoro con ancora più passione e determinazione, per sostenere e incoraggiare le comunità cristiane che, ogni giorno, vivono e lottano in una delle terre più martoriate del mondo.

Dando una mano, possiamo alleviare le sofferenze di coloro che stanno vivendo queste terribili circostanze.

Ogni contributo, ogni gesto di solidarietà, ogni piccolo aiuto è un mattone in più verso la ricostruzione di un futuro migliore. Ogni volta che tendiamo la mano, infondiamo speranza. E la speranza è il primo passo verso la rinascita!

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