Giù le mani dalla croce!

Giù le mani dalla croce!

Adesso nemmeno le croci sulla cima delle montagne vanno bene!

Lo ha fatto sapere il Cai, il Club alpino italiano tramite il suo portale internet Lo Scarpone e in occasione della presentazione di un libro all’Università Cattolica di Milano lo scorso 22 giugno.

Le croci di vetta sarebbero… anacronistiche! E la società attuale non si può più rispecchiare nel simbolo della croce!

Innanzitutto – scrivono – perché l'Italia si sta rapidamente convertendo in uno Stato a trazione laica, territori montani compresi. Pertanto la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale.

In secondo luogo perché […] il messaggio trasmesso dai rilievi non dovrebbe più riflettere il periodo compreso tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del secolo successivo (arco temporale nel quale furono installate la maggior parte delle croci di vetta), ma dev'essere riadattato sulle caratteristiche e sulle necessità di un presente che non ha più bisogno di eclatanti dimostrazioni di fede, ma di maggiore apertura e sobrietà”.

Cioè la croce non sarebbe sobria né simbolo di… apertura!!!

Ed ecco la proposta del Cai:

Se da un lato sono inappropriate le campagne di rimozione, perché porterebbero alla cancellazione di una traccia del nostro percorso culturale, dall'altro si rivela anacronistico l'innalzamento di nuove croci e, più in generale, di nuovi e ingombranti simboli sulle cime alpine: sarebbe forse più appropriato intendere le vette come un territorio neutro, capace di avvicinare culture magari distanti, ma dotate di uguale dignità”.

Insomma, secondo il Club alpino italiano – bontà sua – non si tratta (almeno per il momento) di togliere le croci già esistenti. Tuttavia non vuole che se ne installino altre.

Tutto ciò è francamente inaccettabile e scandaloso.

Ci troviamo davanti ad una sottile forma di “cultura della cancellazione”, che in diversi paesi del mondo sta facendo strage di monumenti, pagine di storia, libri di letteratura e quant’altro. Una vera e propria follia, volta a distruggere la nostra cultura, la nostra identità, le nostre radici. Per edificare cosa poi? Il nulla!

La croce non è anacronistica!

Volerla proibire è degno dei peggiori regimi totalitari della storia!

Ancora una volta, la croce dà fastidio, dà scandalo, è segno di contraddizione, proprio come dice il Vangelo.

La croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale”, scrive Pietro Lacasella su Lo Scarpone.

No, no e poi no!

A qualcuno non piace, questo è certo. Ma la croce è la nostra storia, è la nostra identità, è la nostra essenza.

La civiltà europea è nata dalla croce. Quella croce sotto i cui vessilli i nostri antenati hanno lottato contro i musulmani invasori.

La croce che è stata innalzata contro le pestilenze e le calamità, per invocare la pace e chiedere protezione su raccolti e bestiame.

La croce grazie alla quale è stata preservata la cultura, sono stati assistiti i bisognosi, sono cresciute generazioni e generazioni di uomini e donne.

La croce sotto il cui sguardo per secoli e secoli uomini e donne sono nati e sono morti.

Proibire la croce significa voler porre una pietra tombale sul Cristianesimo. Su Gesù Cristo.

Perché, non prendiamoci in giro: al fondo di tutte queste dichiarazioni e provocazioni c’è l’odio contro Gesù Cristo e contro la civiltà cristiana costruita dai suoi seguaci.

Peraltro, non è nemmeno vero che rispetteranno le croci già esistenti.

Secondo quanto riportato da diverse testate, sembrerebbe infatti che le guide alpine di Alagna (Vercelli) hanno già cominciato a rimuoverle per ammassarle in un memoriale.

Molti soci del Cai per fortuna hanno già protestato contro queste prese di posizione settarie.

Qualcuno accusa il Cai di essere diventato “divisivo”, e c’è chi protesta: “La passione per la montagna dovrebbe unirci invece... Io sono socio dagli anni Settanta ma medito di non rinnovare più se continuate così”. E un alpinista dice: “Si può andare in montagna anche senza tessera!”.

Tanto che qualche risultato c’è già stato.

Prendiamo atto infatti che il presidente generale del Club alpino Italiano, Antonio Montani, ha dovuto precisare che non si tratta di una posizione ufficiale del Cai, ma di pareri personali di singoli membri.

Voglio rassicurare - ha detto - che per ogni argomento di tale portata il nostro ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”.

Ma è bene ribadire il nostro parere. Non si sa mai. A fronte di simili dichiarazioni, non solo non dobbiamo abbassare la testa, ma dobbiamo fare la voce grossa!

Coraggio, quindi: noi vogliamo ancora un’Italia cristiana e lotteremo senza tregua perché nessuno possa cancellarla e farle abbandonare la Verità.

Attribuzione immagine: By Andou - Own work, CC BY-SA 3.0, Wikimedia

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