A Catanzaro la prima moschea universitaria: quando la laicità viene tradita!
A Catanzaro, all’Università “Magna Græcia”, è stata inaugurata – in modo ufficiale ma quasi in sordina – la prima sala di preghiera islamica dentro un ateneo pubblico italiano.
Un evento che molti presentano come un segno di inclusione, ma che in realtà rappresenta un passo gravissimo verso l’islamizzazione degli spazi pubblici, in aperto contrasto con il principio costituzionale di laicità dello Stato.
Il luogo di culto, allestito all’interno dell’edificio delle Bioscienze e gestito dall’associazione “Dar Assalam ODV”, permetterà lo svolgimento delle cinque preghiere quotidiane, del sermone del venerdì e delle principali festività islamiche.
Non si tratta di un semplice “angolo di raccoglimento”, ma di una vera e propria moschea universitaria.
La cerimonia d’inaugurazione si è svolta alla presenza del rettore, di rappresentanti dell’associazione islamica, dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, delle autorità civili e persino della Polizia di Stato.
Un gesto che, pur presentato come “un segno di pace e dialogo”, ha scatenato un acceso dibattito politico e istituzionale.
Il deputato Rossano Sasso (Lega) ha parlato apertamente di “un pericoloso passo verso l’islamizzazione della società”, chiedendo chiarimenti al Ministero dell’Università e ricordando che “un ateneo pubblico non è il luogo per celebrare sermoni religiosi”.
Molti cittadini, studenti e docenti hanno espresso preoccupazione per il precedente che questa decisione rappresenta: se una fede ottiene uno spazio permanente all’interno di un’università statale, quale sarà la prossima?
Il caso di Catanzaro è il primo in assoluto nel panorama universitario italiano. Fino ad oggi, nei nostri atenei, non sono mai esistite sale di culto confessionali.
Come può un’università trasformarsi in un centro religioso confessionale? È questo il modello di “integrazione” che vogliamo per i nostri giovani, per i nostri atenei, per la nostra società?
È tempo di reagire, con fermezza e responsabilità civile.
Per questo, se non l’hai ancora fatto, ti invitiamo a firmare subito la petizione “Basta islamizzazione a scuola!”, per difendere la laicità delle istituzioni, la nostra identità culturale e il diritto di tutti a studiare in luoghi liberi da ogni influenza confessionale.
Ma non basta solo firmare! Perché questa battaglia va sostenuta concretamente.
Vogliamo potenziare sempre più la nostra vasta campagna di sensibilizzazione online, tramite Facebook. Ma per riuscirci, abbiamo bisogno del tuo aiuto!
Con il tuo contributo possiamo raggiungere milioni di italiani, aprire gli occhi di chi ancora non vede la deriva culturale in atto, e impedire che l’islamizzazione silenziosa delle nostre scuole e università diventi la norma.
Oltre alla questione simbolica, resta aperto il tema della regolarità urbanistica e amministrativa dei luoghi di culto.
In molte città italiane, sono stati scoperti centri di preghiera islamici nati senza autorizzazioni edilizie: emblematico è il caso di Monfalcone, dove il Consiglio di Stato ha confermato nel 2024 che “un luogo di culto deve rispettare le norme urbanistiche e di sicurezza”.
Perché allora, in un ateneo pubblico, è stata autorizzata una sala che di fatto funziona come moschea?
Altro punto cruciale è quello dei finanziamenti. Chi ha pagato l’allestimento della sala? Da dove arrivano i fondi dell’associazione “Dar Assalam ODV”?
In diverse inchieste giornalistiche, si parla di flussi di denaro provenienti dal Golfo Persico e dalla Turchia per il sostegno di associazioni islamiche in Europa.
Non è un illecito in sé, ma l’assenza di trasparenza crea zone d’ombra e possibili influenze ideologiche o politiche. I cittadini hanno diritto a sapere chi finanzia i luoghi di culto, con quali scopi e con quali garanzie di indipendenza.
Molti cittadini calabresi hanno espresso disagio e timore per questa iniziativa.
Una docente universitaria, intervistata da una testata locale, ha dichiarato: “Non si tratta di negare il diritto di preghiera, ma di difendere il carattere laico dell’università. Se oggi si apre una moschea, domani perché non anche un tempio di un’altra fede? L’università deve restare neutrale, non confessionale.”
L’Italia è una nazione a radici cristiane, e proprio per questo profondamente laica: la fede appartiene alla sfera personale, non ai luoghi pubblici. Difendere la laicità significa proteggere la libertà di tutti, non negarla.
Non possiamo restare in silenzio davanti a questa deriva. Oggi è una sala di preghiera universitaria, domani saranno ospedali o enti pubblici. È il momento di dire basta!
Perché la libertà non si difende tacendo, ma tracciando confini chiari e giusti. L’università non è una moschea: è un luogo di studio, e deve restare tale!