
Altri gravi casi di islamizzazione forzata nel Regno Unito, in Italia ed in Francia
La situazione è sempre più preoccupante.
Dopo aver denunciato l’avvento della sharia nei tribunali di Austria e Canada, oggi dobbiamo purtroppo registrare anche nel Regno Unito un ulteriore passo verso l’islamizzazione.
Lo scorso 24 luglio, infatti, sul sito ufficiale del governo britannico è apparso un annuncio di lavoro per l’assunzione di un «amministratore del tribunale della sharia».
Si è chiarito poi come l’offerta provenisse, in realtà, da una moschea di Didsbury, ma lo Stato l’ha convalidata. E questo è ancor più grave.
Al candidato è stata richiesta una laurea in diritto islamico, esperienza in un tribunale musulmano e competenze nella gestione amministrativa.
La retribuzione offerta, di tutto rispetto – 23.500 sterline all’anno pari a quasi 28 mila euro –, faceva capire che non si trattasse né di un errore, né di uno scherzo.
Nigel Farage, leader del partito Reform UK, sui social ha denunciato a chiare lettere: «Il nostro Paese ed i suoi valori stanno per essere distrutti».
Zia Yusuf, proveniente dalla stessa area politica, ha dichiarato che qualsiasi tentativo di rovesciare o sostituire il sistema giuridico vigente in Inghilterra «dovrebbe essere illegale».
Rupert Lowe, oggi a capo di Restore Britain, è stato categorico: «Gli amministratori della sharia non hanno alcun posto in Gran Bretagna». Dello stesso parere un altro conservatore, Peter Bedford.
A fronte delle vivaci proteste suscitate, quell’annuncio è stato ritirato. E questo dimostra una cosa sola: che protestare paga!
Non possiamo quindi restare indifferenti, semplici spettatori di fronte all’avanzata dell’islam in Occidente. Dobbiamo agire, prendere posizione, fare la nostra parte!
Per questo abbiamo a disposizione oggi due strumenti formidabili. Il primo consiste nel firmare la petizione «Basta con la sottomissione all’islam!», promossa da Pro Italia Cristiana.
È indirizzata al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, affinché intervenga per fermare, almeno in Italia, tale deriva e tutelare i valori fondamentali della nostra identità e cultura nazionale.
Il secondo modo consiste nel promuovere una vasta campagna di sensibilizzazione, sia a sostegno di tale iniziativa, sia per trovare anche nuovi amici pronti a battersi con noi in difesa del Paese.
I social rappresentano il mezzo ideale, poiché consentono di raggiungere tanti in poco tempo. Ma hanno un costo, che da soli non riusciremmo a sostenere. Per questo, abbiamo bisogno del tuo aiuto!
È urgente, perché nel Regno Unito vi sono già almeno 85 consigli della sharia, come l’Islamic Sharia Council o il Muslim Arbitration Tribunal.
Gestiscono soprattutto divorzi e successioni secondo la legge islamica. Ma rappresentano, di fatto, strutture parallele allo Stato e costituiscono motivo di inquietudine nell’opinione pubblica.
Lo denunciano il quotidiano Times ed il canale radiotelevisivo GB News, preoccupati, ad esempio, dal trattamento riservato alle donne in queste improvvisate corti giudiziarie.
La questione è grave. Non possiamo permettere che una cultura a noi totalmente estranea, come l’islam, pretenda d’impiantare in Occidente i propri usi e costumi, sostituendoli ai nostri!
Ciò che ieri sarebbe sembrato inimmaginabile, oggi è purtroppo possibile ed accade, quando non ci opponiamo con tutte le nostre forze.
Come evidenziato da Atilio Faoro nel suo libro «Mosquées: les casermes de l’islam», le moschee, che spuntano ovunque come funghi, anche in Italia, rappresentano autentici avamposti musulmani.
Nella mentalità islamica non sono semplici luoghi di preghiera, ma segni di occupazione dello spazio urbano, paragonabili ad una conquista silenziosa.
L’esempio britannico, nella sua assurdità, mostra sin dove possa condurre un’ingiustificabile tolleranza ovvero al riconoscimento di una sorta di giustizia “parallela”, fondata sulla sharia.
Chiudere gli occhi oggi significa rischiare di vedere domani l’Italia seguire la stessa strada del Regno Unito.
Le premesse ci sono già: una nuova moschea abusiva, mai autorizzata, è spuntata nei giorni scorsi a Milano in via Paruta.
Non è il primo caso e probabilmente non sarà nemmeno l’ultimo. L’on. Riccardo De Corato di Fratelli d’Italia ed il consigliere FdI del Municipio 2 Bruno Romeo hanno lanciato l’allarme.
Hanno chiesto interventi immediati in una città in cui, affermano, i luoghi di culto islamici irregolari si moltiplicano, lamentando al contempo l’inerzia di Procura e Comune.
Poco distante da lì, peraltro, ovvero in via Esterle il Comune ha concesso un’area, in cui sorgerà un’altra moschea, mentre altri due centri islamici abusivi sono presenti nell’adiacente via Padova.
I residenti non ne possono più, sono letteralmente esasperati da urla, schiamazzi a tutte le ore ed un continuo via vai di sconosciuti poco raccomandabile e ritenuto un pericolo per la sicurezza.
Possibile che un cittadino, che paga le tasse, debba avere paura in casa propria? Ecco un interrogativo, a cui le istituzioni non hanno ancora dato risposta.
Lo stesso in Francia, dove lo scorso 19 luglio Place de la République, a Parigi, si è trasformata di fatto in un’enorme moschea a cielo aperto.
Dalle 15 alle 20 un centinaio di musulmani sufi, originari del Senegal, si sono dati appuntamento qui per recitare preghiere ed inni religiosi.
Secondo quanto riportato dal quotidiano Le Figaro, avrebbero voluto commemorare così il ritorno dall’esilio del loro fondatore, lo sceicco Ahmadou Bamba.
La Prefettura ci ha tenuto a sottolineare il carattere «culturale e spirituale» dell’evento, che tuttavia stride in una pubblica piazza con lo sbandierato laicismo tipicamente francese.
L’iniziativa è stata denunciata addirittura sulla rivista Valeurs Actuelles dallo sceicco Mahammad Mehdizade, direttore europeo del Consiglio mondiale degli imam:
«Place de la République non è un luogo di culto, trasformarla in una “moschea a cielo aperto” non è un atto religioso legittimo, soprattutto quando nelle vicinanze esistono moschee aperte».
L’on. Guillaume Bigot di Rassemblement National ha denunciato come, in nome della neutralità religiosa, si vietino i presepi natalizi nei Municipi, per poi consentire questi raduni collettivi.
È, a suo parere, una contraddizione che rivela un doppio registro: si emarginano le radici cristiane della Francia da una parte per far progredire dall’altra le espressioni pubbliche dell’islam.
Regno Unito, Italia e Francia: tre diversi Paesi, ma un identico problema, l’avanzata dell’islamizzazione forzata.
L’Occidente è cristiano. E deve restare tale!