
Cristiani perseguitati: l'urlo che il mondo continua a non voler sentire!
C'è un grido che attraversa continenti, che sale dalle capanne bruciate dell’Africa, dai villaggi dimenticati dell’Asia, dalle case in cui il Vangelo è letto sottovoce per paura.
È il grido dei cristiani perseguitati!
Un grido ignorato, scomodo, volutamente soffocato da governi, media e istituzioni che predicano diritti umani ma tacciono davanti al sangue versato per Cristo.
In Pakistan, Kashif Masih, un operaio cristiano di 35 anni, è stato strappato alla sua famiglia, torturato con crudeltà inumana, ucciso lentamente, mentre i suoi carnefici lo colpivano con mazze e gli conficcavano chiodi nelle gambe.
Un omicidio ordinato da un ex ufficiale di polizia.
Un crimine che denuncia un sistema marcio, dove chi dovrebbe proteggere, uccide; dove la giustizia si piega davanti al potere; dove le leggi esistono solo per essere calpestate.
Il suo sangue grida vendetta, ma le autorità rispondono con l’indifferenza e l’impunità.
In Vietnam, invece, la persecuzione non ha il volto della violenza fisica, ma quello subdolo della discriminazione istituzionale e dell’isolamento sociale.
Pochi giorni fa, una madre cristiana, è stata minacciata di essere cacciata da casa, privata degli aiuti per i poveri, umiliata, perseguitata dal suo stesso villaggio e dalla sua famiglia, solo perché ha scelto di seguire Gesù.
Eppure, non ha ceduto: “Non abbandonerò mai Dio”. Una fede che resiste alle pressioni, che non si piega alla paura, che urla con dignità: la mia anima non è in vendita.
Ogni giorno, migliaia di cristiani affrontano minacce, torture, esclusione, prigione, morte. Perché? Per aver scelto Cristo.
Nessun altro motivo. Non politica. Non violenza. Solo fede. E la risposta del mondo qual è? Silenzio!
Non possiamo più accettarlo. Non possiamo più tacere.
Stiamo portando avanti una vasta campagna di sensibilizzazione su Facebook per informare, denunciare, risvegliare coscienze. Ma per farlo, abbiamo bisogno anche di te!
Con il tuo aiuto, possiamo far arrivare questo grido di dolore a chi ancora non lo sente. Ogni euro è una luce contro il buio del silenzio.
In Nigeria, essere cristiani è diventato sinonimo di vivere in trincea.
Le comunità cristiane nel nord del Paese sono da anni bersaglio di una violenza spietata, alimentata da gruppi jihadisti, bande criminali armate e tensioni etniche.
Mons. Habila Daboh, vescovo della diocesi di Zaria, racconta con dolore e lucidità come si è passati dalla convivenza pacifica — “mangiavamo insieme, festeggiavamo insieme” — all’odio alimentato da ideologie estremiste: “Ora dicono che i cristiani non hanno diritto di vivere qui”.
È così che i luoghi di culto diventano obiettivi, i sacerdoti diventano bersagli.
Nel 2020, quattro seminaristi della sua diocesi furono rapiti: tre vennero rilasciati, uno — Michael Nnadi — fu assassinato brutalmente. Ma la strage continua. Nel 2025, il giovane seminarista Andrew Peter è stato rapito e ucciso. Poco prima, anche padre Sylvester Okechukwu era stato assassinato.
E con loro, migliaia di cristiani comuni vivono nella paura quotidiana: non sono al sicuro per strada, nei campi o dentro casa. “La vita è diventata un inferno per la nostra gente”, denuncia Mons. Gabriel Dunia, vescovo di Auchi.
Ma in questo inferno, resta una certezza incrollabile: “Il mio popolo è felice, perché ha Cristo.” Una felicità che nasce dalla fede che resiste al terrore.
Ogni giorno in Nigeria, in Pakistan, in Vietnam e in troppi altri luoghi dimenticati del mondo, uomini e donne vengono perseguitati solo perché credono in Cristo. Il loro unico “reato” è portare nel cuore il Vangelo.
E mentre queste atrocità si consumano, i grandi media tacciono. Noi non possiamo farlo!
Per questo stiamo portando avanti una grande campagna di sensibilizzazione, affinché milioni di persone possano conoscere la verità che oggi viene nascosta. Dona ora e aiutaci a fare ancora più rumore!
Con il tuo prezioso contributo possiamo raggiungere più persone, creare più contenuti, sostenere chi soffre, e soprattutto denunciare con forza ciò che altri preferiscono ignorare.
Se oggi chi crede muore nel silenzio, è perché il mondo ha smesso di gridare. Ma noi possiamo rompere quel silenzio. Ora!