
La jihad rialza la testa, anche in Italia. Fermiamola!
La notizia è stata riportata con enfasi anche dai grandi media.
Lo scorso 3 settembre un attentato jihadistico avrebbe potuto insanguinare Viterbo e trasformare in tragedia il sacro rito del Trasporto della Macchina di Santa Rosa.
Da più di 750 anni la torre luminosa, alta 28 metri e pesante 5 tonnellate, viene portata a spalla dai “facchini” per le vie della città. È un appuntamento, che unisce fede e tradizione nella storia.
Ma questa volta erano presenti anche due turchi, di 31 e 21 anni: sono stati subito arrestati, perché trovati in possesso di armi ed esplosivi. Un terzo complice sarebbe purtroppo riuscito a sfuggire.
Avrebbero fatto parte di una vasta rete criminale, collegata al boss turco Bariş Boyun, da anni esponente di spicco della malavita internazionale.
La celebrazione, cui erano presenti illustri personalità istituzionali, si è svolta ugualmente, ma sotto l’occhio vigile dei Nocs e delle forze dell’ordine.
C’erano il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il vicepresidente dell’Europarlamento Antonella Sberna, un deputato ed una delegazione giunta appositamente dal Messico.
È la prima volta che in Italia un evento religioso diviene il bersaglio del terrorismo islamico, non era mai successo prima. Ed è un segnale che non possiamo sottovalutare!
Anche perché potrebbe non essere l’ultimo. Se non corriamo subito ai ripari, potrebbe essere il primo di una lunga serie.
Questo significa che tutti noi potremmo essere potenziali vittime, solo per il fatto di partecipare ad una sagra religiosa o ad una celebrazione diocesana.
Ma non è tutto. Lo scorso 5 settembre un 25enne pachistano, ospite di una struttura di accoglienza, è finito in manette a Trieste, perché ritenuto vicino alla jihad internazionale.
Entrato illegalmente in Italia attraverso la “Rotta balcanica”, ha dichiarato false generalità, fingendosi minorenne per poter richiedere la protezione internazionale.
Ora si ritrova accusato di associazione con finalità di terrorismo, nonché di istigazione a delinquere online con le aggravanti dell’apologia riguardante delitti di terrorismo.
Il giovane coltivava l’odio in rete con riferimenti espliciti al martirio, manifestava apertamente la sua appartenenza all’Isis e stava imparando tramite il web a fabbricare ordigni esplosivi ed armi.
Le forze dell’ordine in entrambi i casi hanno evitato che accadesse il peggio e dobbiamo solo ringraziarle. Ma non possiamo far finta che non sia successo niente.
Pericolosi criminali stanno circolando per il nostro Paese, decisi a compiere attentati ed a spargere sangue e noi stiamo a guardare? Impossibile!
Oggi abbiamo due mezzi, entrambi efficaci, per far sentire la nostra voce. Il primo consiste nel firmare la petizione «Fermiamo l’immigrazione irregolare!», promossa da Pro Italia Cristiana.
Chiede al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, di agire in tutte le sedi istituzionali per bloccare l’invasione di clandestini nel nostro Paese.
Questo è uno strumento molto importante, per evitare che si creino situazioni di rischio, come quelle verificatesi a Viterbo ed a Trieste.
Il secondo modo consiste nel promuovere una vasta campagna di sensibilizzazione, che informi correttamente e ponga così in guardia dal pericolo della jihad in Italia.
I social ci consentono di raggiungere tanti in poco tempo, ma hanno un costo, che da soli non riusciremmo a sostenere. Per questo, abbiamo bisogno del tuo aiuto!
È molto importante: il caso del 25enne pachistano arrestato a Trieste non è isolato. L’Isis si sta espandendo soprattutto sul web con apologia del terrorismo, propaganda e reclutamento online.
Social media, video, riviste e radio digitali: la jihad ha affinato le proprie armi comunicative, adattandole ad ogni contesto e ad ogni piattaforma.
Quelle che propone sono immagini studiate per mostrare i muscoli, reclutare nuove leve e lanciare minacce all’Occidente.
Nel 2001, durante la guerra in Afghanistan, al-Qaeda individuava le proprie leve tra i soggetti radicalizzati nelle moschee, selezionandoli peraltro con criteri rigorosi.
Adesso l’Isis ha compiuto un salto tecnologico ed ha scelto la rete come efficace strumento di propaganda, in grado di formare nuovi militanti, anche a distanza.
E questi sono a loro volta pronti a sbarcare sulle coste italiane ed a disseminare in Europa il terrore con sanguinari attentati al grido di «Allah akbar».