
Le università, fucina della Rivoluzione
«La verità vi farà liberi», ha detto Gesù (Gv 8, 32).
Compito delle università è allora proprio questo: ricercare la verità. Perciò spiace constatare come oggi invece gli atenei rappresentino spesso terreno fertile per l’indottrinamento ideologico.
Entro il perimetro delle loro mura si respira una sostanziale avversione verso tutto quanto sia sacro, ordinato e veritiero.
Una difesa di facciata e pretestuosa della “giustizia sociale” nasconde, in realtà, un odio profondo verso le fondamenta della nostra civiltà.
Quali sono divenuti i temi portanti? È molto facile individuarli: green, clima, Lgbt e Palestina. Questi sono i principali. Presentati tutti – ed allo stesso modo – come faccende serie.
Ma, osservando più in profondità, se ne scorgono le vere motivazioni: fomentare ovunque, soprattutto nel mondo intellettuale, disordini rivoluzionari.
Ciò venne esemplarmente chiarito già nel 1959 dall’intellettuale cattolico Plinio Corrêa de Oliveira nel suo capolavoro, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.
Vi è scritto: «La Rivoluzione è il contrario dell’Ordine, è il disordine e l’illegittimità per eccellenza».
Greta Thunberg ne è l’emblema: ha spostato senza sforzo alcuno e con assoluta noncuranza, da un giorno all’altro, la propria attenzione dalle questioni climatiche alle agitazioni pro-palestinesi.
Ciò non per motivi di contenuto, bensì con l’unico, vero proposito di mantenere accesa la fiamma rivoluzionaria del caos sociale.
Gli esempi si moltiplicano. La guerra mossa dal presidente Usa, Donald Trump, alle Università di Harvard e Columbia di New York discende proprio dalla loro ideologizzazione sistematica.
Gli insegnamenti in questi atenei sono orientati in senso anti-occidentale, anti-israeliano, filocinese e filo-Lgbt. Qualsiasi opinione conservatrice al proprio interno viene censurata.
Ciò rischia di compromettere l’interesse nazionale del Paese e di offrire dati sensibili a dittature straniere come quella comunista di Pechino.
È evidente come tutto questo non possa esser ridotto ad una semplice questione di policies accademiche liberamente scelte. Pone anzi chi governa nel diritto e nel dovere di intervenire.
In Italia ha fatto rumore nel settembre scorso il laboratorio “creativo” per trans e gender promosso dall’Università Roma Tre e rivolto a bimbi dai 5 ai 14 anni.
Quel progetto aveva ottenuto il via libera del Comitato etico dell’ateneo. Ma ha provocato anche forti, comprensibili proteste. Per tanti motivi.
Due, in particolare: è stato considerato privo di legittimità giuridica ed impostato in modo tale da poter pregiudicare gravemente l’equilibrio psicologico dei minori, anche in tenera età.
È nostro dovere denunciare con chiarezza tutto questo, specie in questo momento storico in cui i media principali cantano i mantra del mainstream dominante, quello voluto dal Pensiero unico.
Vogliamo far sapere tutto questo a quanta più gente possibile per svelare la Verità, aprire gli occhi e trovare tanti nuovi amici pronti ad unirsi a noi in questa battaglia civile e spirituale.
Per questo intendiamo servirci dei social, che sono il mezzo più veloce e sicuro per raggiungere tanti in poco tempo. Ma hanno un costo, per sostenere il quale abbiamo bisogno del tuo aiuto!
È molto importante, poiché l’ideologia si è impossessata degli atenei, fucina degli intellettuali di domani, praticamente a livello globale.
Harry Pettit, docente dell’Università Radboud a Nimega, Paesi Bassi, ha recentemente provocato scandalo ed una profonda costernazione.
Secondo quanto riportato dall’agenzia Cultuur onder Vuur, questo professore ha equiparato gli appelli a favore dell’esistenza di Israele al nazionalsocialismo.
A fronte delle proteste sollevate, ha rincarato ulteriormente la dose, parlando di «pulizia etnica» e «campagna di sterminio di massa» a Gaza.
Nessuno dei vertici dell’ateneo Radboud ha condannato queste parole. Ateneo dove, un anno fa, è stata concessa la parola ad un membro di spicco del movimento filopalestinese Samidoun.
Non si tratta di un gruppo qualsiasi. È accusato di raccogliere fondi a favore del Fronte popolare per la liberazione della Palestina.
Fronte, che è considerato una vera e propria organizzazione terroristica in mezzo mondo, Europa compresa.
Ma non basta. Nell’Università di Amsterdam, sedicenti attivisti filopalestinesi, travisati con kefiah, hanno provocato danni per milioni di euro.
Nei giorni scorsi 400 dipendenti dell’Università di Wageningen hanno dichiarato di voler porre fine ad ogni forma di cooperazione con Israele. Lo stesso sta accadendo a Utrecht, Leida e Tilburg.
Chi controlla il linguaggio, controlla il pensiero. Nel corso degli anni, proprio per questo, un intero vocabolario è stato costruito per mascherare ed imporre il pensiero rivoluzionario.
Parole di per sé normali come “diversità” ed “inclusione” oggi hanno acquisito una fortissima connotazione ideologica.
Qualsiasi critica all’immigrazionismo selvaggio oggi viene bollata come “islamofobia”. Queste ed altre acrobazie linguistiche non rappresentano un fenomeno causale, bensì un’autentica strategia.
A tale processo occorre fare grande attenzione. Lo chiariva bene ancora il prof. Plinio Corrêa de Oliveira in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, dove scrisse:
«I contro-rivoluzionari devono attribuire un’importanza tutta particolare alla confutazione degli slogan rivoluzionari».
Si nega la verità a favore della rivoluzione. Ciò non rende liberi, ma schiavi. In tante università gli attivisti con kefiah e passamontagna predicano tolleranza, ma distruggono locali e strumentazioni.
Black Lives Matter, Extinction Rebellion, Students for Palestine sono tutte sigle, che spesso hanno origine in ambienti studenteschi, impregnati di pensiero rivoluzionario.
Aiutaci anche tu a fermare questa grave deriva ideologica! Sostienici con la tua migliore offerta, nel lanciare una vasta campagna di sensibilizzazione, che spieghi a tutti quel che realmente accade.
Il politologo francese Alexandre Del Valle, nel suo libro Le complexe occidental, lo ha detto chiaramente:
«Che le democrazie consentano ai loro peggiori nemici di preparare dall’interno la loro distruzione è segno di una perversione grave delle società aperte».
Ecco: noi vorremmo tutti insieme porre rimedio a tutto questo.