L’Ue attacca l’agricoltura italiana

L’Ue attacca l’agricoltura italiana

L’Unione europea distrugge l’economia italiana e crea penuria alimentare.

Ora sotto attacco sono il nostro mais e il nostro grano.

Sì, perché a Bruxelles hanno deciso che, a partire dal 2024, scatterà l’obbligo di avvicendamento delle colture previsto dalla nuova Pac (Politica agricola comune) dell’Unione europea.

Vale a dire che non si potranno piantare per due anni di seguito la stessa coltura di grano o mais.

Tutto questo, ovviamente, nel nome della tutela ambientale e della sostenibilità.

Ci rendiamo conto di cosa significa questo per la nostra agricoltura?

Lo stesso Corriere della sera – giornale di “regime” – deve ammettere che si tratta di un provvedimento destinato a mettere in forte crisi le imprese agricole italiane.

L’Unione europea, come spesso accade, pone maggiore attenzione all’ambiente e meno al mercato – spiega al Corsera Vincenzo Lenucci, responsabile Area economica e Centro studi di Confagricoltura – perché non è facile cambiare le colture. Soprattutto quando le aziende devono rispettare contratti con i fornitori, a cui dover garantire determinate quantità di grano a fronte di una produzione che all’improvviso viene dimezzata”.

L’ennesima decisione folle, che risponde però a un piano ideologico ben preciso: la distruzione del nostro stile di vita, della nostra cultura, la devastazione della nostra economia.

E il Governo italiano che fa?

Ecco perché è importante firmare la petizione di Pro Italia Cristiana al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin? Dobbiamo chiedergli di tenerci fuori da queste politiche assurde e dannose! Basta con la sudditanza verso l’ideologia ambientalista!

Regole di questo genere dovrebbero essere disattese, o almeno dribblate.

Perché qui oltre al fattore economico, c’è in gioco anche quello culturale.

Riusciamo a immaginare la Pianura Padana senza mais? O la Puglia senza grano?

Il panorama delle grandi pianure italiane, a nord come a sud, potrebbe davvero risultare stravolto.

I dati forniti dal Corriere della sera parlano chiaro e ci fanno comprendere l’entità della questione.

“Il mais è la coltura caratterizzante di tutte le regioni del Nord, dal Piemonte (1,2 milioni di tonnellate prodotte nel 2022, pari al 26,6% del totale nazionale, di cui il 10,6% nella sola provincia di Torino) alla Lombardia (1,17 milioni, pari al 24,9%), fino al Veneto (1,04 milioni, pari al 22,1%) e il grano duro del Sud, dalla Puglia (802 mila tonnellate prodotte nel 2022, pari al 21,4% del totale nazionale, di cui il 16% nella sola provincia di Foggia) alla Sicilia (682 mila, pari al 18,2%).

Numeri destinati, irrimediabilmente, a un ridimensionamento, perché le colture non potranno più ripetersi”.

Che cos’è questa se non l’applicazione dell’Agenda 2030?

Con il pretesto della sostenibilità, si persegue la penuria alimentare e il conseguente aumento dei costi. Ma cos’hanno in mente i burocrati di Bruxelles?

Certamente, non il bene del popolo. Anzi. Per “salvare il pianeta” hanno sempre sostenuto che vada penalizzato l’essere umano (il popolino ovviamente, non certo i grandi della terra!).

Ma noi non abbiamo paura. Noi combattiamo, anche con la petizione al ministro dell’Ambiente italiano: per chiedergli di darsi una mossa e reagire a questa politica europea che penalizza l’economia e la cultura italiana.

Facciamo sentire la nostra voce ora. O sarà troppo tardi.

Attribuzione immagine: Di EmDee - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/...
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