Mamdani nuovo sindaco di New York: il segnale che l’Occidente non vuole vedere

Mamdani nuovo sindaco di New York: il segnale che l’Occidente non vuole vedere

C’è una resa in corso. Procede inesorabile, passo dopo passo, sotto la maschera del “progresso”, della “tolleranza”, dell’“inclusione”.

È la resa dell’Occidente a un’ideologia che non chiede spazio, ma dominio: l’islam politico.

L’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York è stata salutata dai media come un trionfo di democrazia.

Il primo sindaco musulmano della metropoli simbolo dell’America libera: ecco la prova, ci dicono, della maturità dell’Occidente.

Ma basterebbe leggere le reazioni che quella vittoria ha scatenato per capire che non si tratta solo di un episodio locale.

L’Iran ha parlato di “terremoto politico” e di “crepa nell’egemonia filo-israeliana”. Il Qatar ha celebrato la fine del “sionismo americano”. Canali vicini a Hamas hanno definito Mamdani “un simbolo della resistenza”.

Non è dunque un affare interno americano: è un segnale globale.

A sostenere Mamdani, lo stesso Council on American-Islamic Relations (Cair) — organizzazione legata al network dei Fratelli Musulmani e citata in passato in processi per finanziamento del terrorismo — ha versato centomila dollari.

Attorno a lui, le stesse reti di attivismo islamista che in Europa hanno imparato a usare la democrazia come cavallo di Troia: predicare libertà per imporre, un giorno, la sottomissione.

Eppure, in Occidente, chi osa sollevare dubbi è subito bollato come “islamofobo”.

Basta ricordare che a New York, città segnata per sempre dall’11 settembre, non si può nemmeno sottolineare la fede islamica del nuovo sindaco senza essere accusati di odio.

Ma il primo a rivendicare con orgoglio la propria identità è proprio Mamdani: “Sono giovane, sono musulmano, sono un socialista democratico, e mi rifiuto di scusarmi per ciascuna di queste cose.”

Una dichiarazione di appartenenza che nessuno, in Occidente, oserebbe rovesciare. Immagina se un candidato europeo dicesse: “Sono cristiano e non mi scuso per questo.” In molti Paesi islamici, una frase del genere varrebbe la persecuzione.

È per questo che serve oggi una grande opera di informazione e consapevolezza collettiva, per dire a tutti — anche in Italia — che la posta in gioco non è la tolleranza, ma la libertà stessa.

Se non conosciamo ciò che accade e non comprendiamo le strategie culturali e politiche che stanno mutando l’Occidente, non potremo difendere ciò che siamo.

Per questo, vogliamo lanciare una grande campagna di sensibilizzazione online, per rompere il silenzio e l’autocensura che troppo spesso avvolgono temi scomodi come l’islam politico, il fondamentalismo e l’erosione lenta ma costante della nostra identità.

Ma per renderla davvero efficace, abbiamo bisogno del tuo aiuto!

Ma la verità è più amara: non è stata la comunità musulmana a eleggere Mamdani.

Sono stati i non credenti, gli atei e agnostici: il 76% di loro ha votato per lui.

È il paradosso dell’Occidente svuotato, che cerca senso nel simbolo di una fede altrui.

“Il contrario della cancel culture”, scrive un analista. Ma anche il segno di un’Europa — e di un’America — che non crede più a se stessa.

L’islam politico non avanza con la forza, ma con la complicità di chi ha smesso di credere in se stesso. È l’abbraccio tra la sinistra post-liberale e l’islamismo, un’alleanza di convenienza tra chi vuole demolire le radici della civiltà europea e chi sogna di sostituirle con la sharia.

In nome della diversità, stiamo accettando la sottomissione!

E mentre i media occidentali si compiacciono di questa “svolta storica”, Teheran e Doha brindano. Hanno capito ciò che noi fingiamo di ignorare: che ogni volta che l’Occidente rinuncia a difendere la propria identità, un pezzo della sua libertà viene ceduto.

Non si tratta di discriminare, ma di difendere la differenza. Difendere il diritto di essere ciò che siamo.

Se oggi Mamdani può dire ciò che vuole, è perché l’Occidente, con secoli di sangue e libertà, gli ha garantito il diritto di farlo.

Ma chi difende oggi quel diritto, se noi stessi lo rinneghiamo?

Occorre una presa di coscienza collettiva, un impegno civile e culturale per informare, discutere, risvegliare. Solo una cittadinanza consapevole può impedire che la libertà diventi la nostra più dolce illusione.

Per questo, ti chiediamo di aiutarci, con la tua migliore offerta, a potenziare la nostra già vasta campagna di sensibilizzazione online. Contiamo su di te!

Chi rinuncia alla propria identità per paura di affermarla non è tollerante, è già sconfitto. È tempo di rialzare la testa e di difendere ciò che ci appartiene.

 

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