Aleppo in Fiamme: il dramma delle famiglie cristiane continua!
Una fiammata devastante e inaspettata riaccende le tenebre della guerra in Siria, con il suo epicentro nella martoriata città di Aleppo, che torna a essere teatro di violenze indicibili.
Le famiglie cristiane, già provate da anni di sofferenze, guardano con paura e dolore al riemergere di un conflitto che sembrava assopito, ma che in 48 ore ha squarciato ogni illusione di pace.
L’offensiva jihadista, guidata dal gruppo Hayat Tahreir al Sham (Hts) e sostenuta dalle milizie ribelli della provincia di Idlib, ha scosso le fondamenta di una fragile tregua, lasciando dietro di sé morte, distruzione e migliaia di sfollati.
Ad Aleppo, città dal patrimonio storico e spirituale inestimabile, il caos regna sovrano.
I quartieri meridionali e occidentali sono caduti sotto il controllo dei jihadisti, che avanzano seminando terrore, mentre il regime di Assad, sostenuto dalla Russia e dalle milizie iraniane, tenta disperatamente di riprendere terreno. I raid aerei si abbattono implacabili sulla regione, portando nuove vittime e alimentando la disperazione di chi, già provato dalla guerra civile, sperava in una tregua duratura.
Le famiglie cristiane, custodi di una fede radicata in quella terra da duemila anni, affrontano oggi una prova durissima. Alcuni religiosi, confidando nei rapporti di rispetto costruiti con le diverse comunità locali, hanno scelto di restare come segno di speranza.
Altri, con il cuore straziato, stanno lasciando la città, assistiti dall’ambasciata italiana e dall’instancabile lavoro del nuovo ambasciatore Ravagnan. Dietro ogni evacuazione c’è una storia di fede, di resistenza, ma anche di smarrimento di fronte all’incertezza del futuro.
Mentre le bombe continuano a cadere, il mondo osserva con preoccupazione una situazione che potrebbe trascendere i confini siriani. La battaglia di Aleppo non è solo uno scontro tra milizie locali; è il fulcro di una partita geopolitica complessa e spietata. Colpire il regime di Assad significa minare l’asse sciita che unisce Damasco, Teheran e Mosca.
Per la Turchia di Erdogan, invece, questa potrebbe essere l’occasione per rafforzare la propria posizione nella regione, risolvere la questione curda e “sigillare” i confini contro l’afflusso di profughi siriani. Israele, da parte sua, non resterà a guardare: l’attacco ai “proxy” di Teheran è già cominciato, mentre le tensioni si intrecciano con le ferite aperte del conflitto israelo-palestinese.
In mezzo a queste manovre di potere, il grido delle famiglie cristiane e di tutti gli sfollati si alza come un appello disperato. Questi uomini, donne e bambini, già piegati da anni di privazioni, si ritrovano ancora una volta vittime di un conflitto che non conosce fine.
Ma anche in questo buio profondo, non mancano i segni di speranza: la solidarietà internazionale, l’impegno delle Nazioni Unite per evacuare i civili, e il coraggio di chi, come i Francescani e altre comunità religiose, rimane per testimoniare la presenza di Cristo in un contesto di distruzione e morte.
Ora più che mai, è necessario che le coscienze si risveglino!
Le famiglie cristiane di Aleppo e di tutta la Siria hanno bisogno non solo delle nostre preghiere, ma di un aiuto concreto, di uno slancio di umanità che ricordi loro che non sono sole.
In questa terra ferita, dove la pace sembra un miraggio, siamo chiamati tutti a essere strumenti di riconciliazione e speranza.
Il destino di Aleppo e delle sue famiglie è una sfida per l’intera comunità internazionale: una chiamata a scegliere tra l’indifferenza e l’impegno per una pace giusta e duratura.