
L’Isis ha rialzato la testa
L’attacco kamikaze avvenuto lo scorso 22 giugno nella chiesa di Sant’Elia, a Damasco, in Siria, è stato devastante. Ma non inaspettato.
Che l’Isis stia riprendendo forza in Siria ed in Iraq, approfittando dell’instabilità politica verificatasi nella regione, è risaputo da tutti.
Il terrorismo islamico rialza la testa, inutile nasconderselo. Ha riattivato le cellule dormienti e ripreso il reclutamento di miliziani, che contano già a migliaia.
Anche se non controlla ancora il territorio, rappresenta una chiara ed inquietante minaccia non solo per quell’area, ma per il mondo intero.
Le forze di sicurezza in Siria ed in Iraq affermano di aver già sventato almeno una dozzina di grossi attentati quest’anno. A chiese, impianti petroliferi e linee elettriche.
Uno di questi sarebbe dovuto avvenire presso un frequentatissimo ristorante di Daquq. Le forze dell’ordine hanno abbattuto il kamikaze prima che si facesse saltare in aria con l’esplosivo.
Se il suo intento fosse andato a segno, avrebbe potuto provocare decine di morti ed un numero incalcolabile di feriti.
A fine maggio l’Isis ha rivendicato la paternità di altri due attacchi sferrati contro il governo di transizione, durante i quali ha ucciso o ferito 7 membri del «regime siriano apostata».
Il capo del governo di transizione, Ahmad Husayn al-Shara, infatti, è uno di loro, uno jihadista. Ma da quando a maggio ha incontrato Donald Trump è diventato anche lui un nemico.
Non solo. Si sarebbero registrati anche tentativi di fuga da prigioni e campi di detenzione, dove gli jihadisti sono rinchiusi, riscuotendo nelle celle un crescente consenso. È successo ad Hol e Roj.
Non possiamo sottovalutare tutto questo o restarvi indifferenti. Perché non è un problema solo regionale, ci riguarda tutti!
Le cellule dormienti non tarderanno ad essere attivate anche qui, in Occidente. Le fonti di intelligence e quelle militari hanno da tempo lanciato l’allarme in questo senso.
Sono stati, infatti, rilevati preoccupanti movimenti transfrontalieri non solo in Siria ed in Iraq, ma anche negli Stati Uniti ed in Europa.
Noi abbiamo oggi due mezzi concreti, entrambi validi ed efficaci, per riuscire a fermare tutto questo.
Il primo consiste nel bloccare gli arrivi di massa di clandestini sulle nostre coste. È in questa sorta di invasione silenziosa, infatti, che si nascondono i più feroci terroristi islamici, pronti a colpire.
Per farlo, puoi sottoscrivere, se non lo hai ancora fatto, la petizione «Fermiamo gli sbarchi!», promossa da Pro Italia Cristiana.
È indirizzata al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, affinché l’Italia riprenda definitivamente il controllo dei propri confini e ponga così fine all’immigrazione illegale.
Il secondo modo consiste nel diffondere il più possibile queste notizie, sconosciute all’opinione pubblica, perché ignorate dalla grande stampa, colpevole di un silenzio complice.
Noi siamo chiamati oggi a far ciò che i media non fanno più ovvero informare. I social rappresentano lo strumento più veloce e sicuro per riuscire a raggiungere tanti in poco tempo.
Ma hanno un costo, che da soli non ci potremmo permettere. Per questo, abbiamo bisogno del tuo aiuto!
È urgente, poiché già lo scorso gennaio un rapporto pubblicato dal «Critical Threats Project» dell’American Enterprise Institute aveva avvertito:
«L’Isis ha gradualmente ricostruito le sue capacità dal 2022 nel deserto siriano centrale e si è progressivamente infiltrato nelle città controllate dal regime lungo il fiume Eufrate».
Nei primi cinque mesi di quest’anno ha rivendicato già 38 attacchi in Siria e 4 in Iraq. Ed ora si starebbe preparando per sferrarne altri, come abbiamo visto fare già a Damasco.
Particolare preoccupazione l’intelligence nutre verso i minori siriani, che vengono aizzati contro l’Occidente da genitori radicalizzati e violenti.
In modo nascosto e silenzioso, complice un mondo distratto, gli jihadisti si sono insomma ricostituiti e sono tornati a rappresentare un pericolo. Per tutti noi!
Lo scorso 14 maggio l’esercito siriano ha fatto irruzione in diversi covi di Aleppo, uccidendo tre terroristi islamici ed arrestandone altri quattro.
Il ministro dell’Interno, Anas Khattab, ha pubblicamente definito l’Isis una delle principali minacce alla sicurezza del Paese. E non solo.
Per non dover piangere domani nuove vite spezzate dalla follia jihadista.