
Ci riprovano, la scuola di Pioltello ancora chiusa per la fine del Ramadan!
Incredibile, ci riprovano!
Non credevamo che fosse possibile. Invece, anche quest’anno, come lo scorso, la scuola di Pioltello ha deciso di chiudere i battenti per la fine del Ramadan. Il 31 marzo, per la precisione.
Penalizzando così i ragazzi e le famiglie italiane, che hanno tutto il diritto di avere lezioni regolari quel giorno.
Non è cambiato nulla rispetto al 2024. L’unica differenza è che finora il quasi totale silenzio della stampa ha coperto la notizia ed ha evitato che il clamore mediatico scatenasse la protesta nazionale.
La scuola, anche stavolta, ha motivato la decisione, sostenendo che il 43% degli studenti è musulmano, quindi non si sarebbe in ogni caso presentato in aula.
Ma è compito proprio dei docenti far rispettare a tutti la disciplina. E questa è un’occasione d’oro per insegnare ai ragazzi l’educazione ed il rispetto delle regole!
Minacciare di non giustificare l’assenza con relativi provvedimenti disciplinari sarebbe forse stato un argomento abbastanza convincente, per far desistere anche gli alunni più riottosi.
Il Ramadan è una festività solo ed esclusivamente musulmana e non appartiene né alla nostra cultura, né alle nostre tradizioni, né al nostro calendario scolastico!
Già l’anno scorso il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, fu chiaro in merito: «Le scuole non possono stabilire nuove festività in modo diretto o indiretto».
Ed aggiunse: «il calendario lo stabilisce la Regione». Punto e basta. Non possiamo accettare che si azzeri la nostra identità cristiana a vantaggio di credenze del tutto estranee alla nostra storia!
Ma stavolta ancora nessuno ha protestato. Solo l’europarlamentare Silvia Sardone della Lega ha parlato di «una decisione pericolosa», gradita solo alla «Sinistra succube dell’islam».
Ma non basta alzare le spalle di fronte a tutto questo. Occorre anche alzare la voce e portare subito il caso all’attenzione del governo italiano e del Parlamento europeo!
Possiamo farlo insieme. Abbiamo due mezzi, altrettanto validi.
Il primo consiste nel firmare la petizione che Pro Italia Cristiana vuole promuovere in merito.
È diretta al ministro Valditara, affinché assuma urgentemente provvedimenti idonei a fermare il tentativo di islamizzazione in atto nelle scuole e nella società italiana.
Il secondo consiste nel rendere la nostra protesta ancora più forte, ancora più corale. Come?
Lanciando una vasta campagna di sensibilizzazione, che consenta di reclutare nuovi amici in questa battaglia per la difesa dell’identità e delle nostre tradizioni cristiane!
Intendiamo servirci di Facebook per questo, perché è lo strumento più adatto, veloce ed efficace. Ma utilizzarlo ha un costo, di cui da soli non possiamo farcene carico. Per questo, abbiamo bisogno del tuo aiuto!
Ce ne rendiamo sempre più conto: quella che siamo chiamati a combattere è una battaglia speciale in difesa delle nostre radici cristiane. Contro luoghi comuni, vuoti e pericolosi.
Il Ramadan è diventato il grimaldello, che ha permesso di far venire allo scoperto tanti, troppi “profeti” nostrani della Cancel culture, per strapparci ciò in cui crediamo e ciò che siamo.
Sul suo sito l’Istituto Comprensivo di Pioltello – che riunisce due scuole elementari ed una media - si propone come «inclusivo»: già, inclusivo per tutti, meno che per gli studenti Italiani e cristiani!
Non possiamo più accettare questa presa in giro, questa resa incondizionata ed ingiustificata all’islam! Ciò costituirebbe un pericoloso precedente. La cronaca di questi giorni lo prova.
Sono bastate 5 studentesse musulmane, perché nei giorni scorsi l’intero Istituto Superiore “Sandro Pertini” di Monfalcone concedesse loro di presentarsi in classe con velo e tunica islamici.
Gli insegnanti sono costretti, per ragioni di sicurezza, ad accertarsi ogni giorno, all’inizio delle lezioni, che, sotto il velo, ci siano effettivamente le allieve regolarmente iscritte. Pazzesco!
Non solo. Durante le ore di educazione fisica è stato loro concesso un abbigliamento meno “occidentale” e sono state dispensate dalla corsa.
Credici, sembra tutto uno scherzo di pessimo gusto, ma non lo è! Purtroppo è tutto vero!
Noi non abitiamo in una casba del Maghreb, noi viviamo in Italia! E qui non vige il Corano, non vige la sharia e le carni non devono essere halal. Qui le regole sono le nostre e valgono per tutti!
L’assessore all’Istruzione ed alla Formazione del Friuli-Venezia Giulia, Alessia Rosolen, giudica grave l’adozione di programmi “diversificati” e di prassi speciali per gli alunni islamici.
È una differenziazione che crea divisione, che genera ghetti. Il consigliere regionale di Forza Italia, Roberto Novelli, lo ha detto chiaramente: «Il niqab a scuola è incompatibile con la nostra cultura. Non possono esserci negoziazioni o trattative» in merito.
Ed ha proseguito: «Il fondamentalismo islamico non deve entrare nelle aule, né varcare i nostri confini».
L’europarlamentare della Lega Silvia Sardone ha annunciato un’interrogazione alla Commissione europea in merito, per ottenere il divieto formale del velo islamico a scuola.
Ciò in quanto, oltre a costituire un problema di sicurezza, rappresenterebbe anche «un simbolo di sottomissione, che impedisce una vera integrazione».
La questione non riguarda solo il Friuli-Venezia Giulia. Anche la Lombardia sta valutando di vietare burqa e niqab a scuola ed in tutti gli uffici pubblici.
La mozione, presentata dalla Lega, è all’ordine del giorno del prossimo consiglio ed invita anche il governo italiano a valutare l’estensione di tale misura all’intero territorio nazionale.
È ora di finirla con l’avanzare di un’islamizzazione insensata nel nostro Paese!
L’Italia è cristiana per eccellenza. La nostra fede e la nostra storia lo confermano: qui c’è la sede di S. Pietro, qui risiede il Papa!
Nessun passo indietro, dunque! Difendiamo senza paura la nostra identità, la nostra cultura, la nostra storia e le nostre tradizioni, a partire dalla scuola! Firma subito la petizione promossa da Pro Italia Cristiana, indirizzata al ministro Valditara.
E sostieni con il tuo contributo il lancio di una vasta campagna di sensibilizzazione su scala nazionale, per rendere sempre più forte la nostra protesta.